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«Una vittoria di Pirro dei russi». Così l’Institute for the Study of War di Washington definisce la sanguinosa battaglia di Soledar che si trova ormai alle battute conclusive, al ritiro ordinato delle truppe ucraine. Anzitutto perché, al là dei risvolti di propaganda per cui Mosca può rivendicare il primo e unico successo in mesi e mesi di ripiegamenti e sconfitte, si tratta della cattura di un insediamento di «meno di 5.5 chilometri quadrati, che non consentirà alle forze russe di estendere il controllo sulle linee cruciali delle comunicazioni di terra o perfezionare l’accerchiamento della città di Bakhmut», obiettivo di Mosca.
L’intelligence militare di Kiev nega che la battaglia sia conclusa («Si combatte ancora») e smentisce il ministero della Difesa russo che la dà per conquistata giovedì sera. Soprattutto, i proclami dei russi danno la stura a un conflitto finora sottotraccia, tra il magnate del catering e ex “cuoco di Putin”, Evgenij Prigozhin, fondatore dei mercenari del gruppo Wagner che contano ormai un quarto dei combattenti russi in Ucraina, e il ministro della Difesa, Sergej Shoigu, affiancato dal capo di Stato maggiore delle forze armate responsabile delle operazioni congiunte sul terreno, Valerj Gerasimov, fedelissimi di Putin.
LE SCINTILLE
In mattinata, due giorni dopo l’annuncio della presa di Soledar da parte di Prigozhin, finalmente il ministero della Difesa nel briefing tenuto dal generale Igor Konashenkov formalizza la conquista della cittadina del Donetsk, ma senza citare il ruolo avuto dai mercenari Wagner. «La sera del 12 gennaio è stata completata la liberazione di Soledar, punto importante per continuare l’offensiva verso Donetsk.
«RISSA PUBBLICA»
Commenta il consigliere di Zelensky, Mykhailo Podolyak, che «la rissa pubblica tra l’agenzia di notizie false russa, ossia il ministero della Difesa, e gli ultras militari-criminali», in testa Prigozhin, riguardo a «chi combatte meglio nell’undicesimo mese di guerra e chi seminerà di più Soledar coi propri cadaveri è un buon segno dell’inizio della splendida fine!». Ma un altro scontro avviene al Cremlino. E anche questo è pubblico. Il portavoce di Putin, Peskov, critica la proposta del presidente della Duma, il Parlamento russo, Vyacheslav Volodin, di confiscare i beni di chi ha lasciato la Russia («Non apriamo il vaso di Pandora, il nemico è un altro»), mentre Putin in persona bacchetta il vice-premier, Denis Manturov, dicendogli di smetterla con i ritardi e le prese in giro e fornire all’industria aeronautica gli ordini per la produzione di una linea di motori per gli elicotteri VK-2500. «Fa finta di non capire? Quando saranno firmati i contratti?», incalza lo Zar. «Questi 700 aerei e elicotteri devono essere resi subito disponibili». «Farò tutto il possibile», promette Manturov. «Non cerchi di fare il suo meglio», ribatte Putin. «Ci arrivi entro un mese. Non capisce in che situazione ci troviamo?». Putin, osserva l’ISW, è in cerca di «capri espiatori e vuole apparire come un capo guerriero. E vuole anche smorzare le critiche dei blogger militari».
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Il Mattino