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Che l'attuazione del Pnrr sarebbe stata per il Mezzogiorno una corsa contro il tempo lo si era capito subito. Ottanta miliardi da spendere entro il 2026, con un sistema amministrativo locale da anni in affanno, per carenza di personale e criticità finanziarie di ogni tipo, sono sembrati una sfida a dir poco complicata, con un esito assai incerto anche prima della crisi di governo. E ieri la Svimez, nelle anticipazioni del Rapporto 2022, certifica la paura del Sud di non farcela con dati e analisi che sono ben più di un allarme e che, come scrive il ministro per il Sud Mara Carfagna, rendono ancora più incomprensibile l'anticipata fine dell'esecutivo di Mario Draghi. Tra scadenze che potrebbero già adesso essere saltate per gli appalti delle infrastrutture sociali e le conseguenze dello choc della guerra in Ucraina su imprese (costi di energia e trasporti alle stelle) e famiglie (beni di consumo frenati dall'inflazione), il Sud rischia di vedere di nuovo crescere il divario con il Nord nei prossimi due anni. E gli impietosi numeri sulla scuola, di cui ci occupiamo a parte, ne sono la prova forse più evidente.
Partiamo dalle opere pubbliche. «Se gli enti locali del Mezzogiorno non dovessero invertire il trend e rendere più efficiente la macchina burocratica necessaria all'affidamento dell'appalto, all'apertura del cantiere e alla realizzazione dei lavori, avrebbero dei tempi estremamente stretti per portare a conclusione le opere nel rispetto del termine ultimo di rendicontazione fissato per il 31 agosto 2026», spiega Luca Bianchi, direttore generale della Svimez, nella conferenza stampa di ieri a Montecitorio. Rispetto alla media nazionale (1.007 giorni), i comuni del Sud impiegano infatti mediamente circa 450 giorni in più per portare a termine la realizzazione delle infrastrutture sociali. In ognuna delle tre fasi delle opere (progettazione, esecuzione e conclusione dei lavori) il Mezzogiorno presenta evidenti ritardi rispetto al Centro e al Nord che si accumulano soprattutto nella fase di cantierizzazione (esecuzione). Morale: «Gli investimenti del Pnrr in infrastrutture sociali nel Sud dovrebbero essere avviati al massimo entro fine ottobre 2022 per riuscire a chiudere il cantiere entro la conclusione del Piano (agosto 2026)». Per dare un termine di paragone, Svimez spiega che i tempi per le altre macro-aree sono più diluiti: maggio 2023 per il Centro e l'estate 2024 per le aree settentrionali.
La differenza c'è tutta e anche se l'Associazione ha sempre manifestato più di un dubbio sull'impostazione del Pnrr («Un progettificio senza anima» lo definisce anche ieri il presidente Adriano Giannola, riferendosi soprattutto all'assenza di indirizzi di politica industriale per il Sud e il Paese), i dubbi sembrano fondati.
La frenata non risparmierà le regioni del Nord ma in termini percentuali è al Sud che farà più male: nel biennio 2023-24 le previsioni di crescita si fermano infatti all'1,3% contro l'1,8% ella media nazionale e il 2,1% del Nord. Il rischio dell'inversione di tendenza dell'economia c'è tutto anche perché, come ricorda Giannola, solo da poco le regioni settentrionali sono riuscite a recuperare i valori del 2007 mentre quelle meridionali ancora li devono raggiungere. «Peccato che nel 2007 tutti gli altri Paesi europei crescevano di gran lunga di più dell'Italia», commenta l'economista.
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