«Terremoti, in Italia abbiamo edifici vecchi e vanno consolidati subito»

L'esperto di costruzioni Ponzo: alta vulnerabilità sismica per strutture in cemento e in muratura

Felice Ponzo
Osservando le costruzioni in cemento armato e gli edifici storici polverizzati dal terremoto di lunedì notte in Turchia, il pensiero non può che andare al nostro...

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Osservando le costruzioni in cemento armato e gli edifici storici polverizzati dal terremoto di lunedì notte in Turchia, il pensiero non può che andare al nostro patrimonio edilizio. Ne abbiamo parlato con Felice Ponzo, professore associato di Tecnica delle costruzioni e responsabile scientifico del Laboratorio Sismico e Prove Materiali e Strutture all'Università degli Studi della Basilicata.

Professore, qual è la vulnerabilità sismica degli immobili italiani, vista la loro varietà tra edifici storici in muratura e quelli in cemento armato?
«Oltre l'80% degli edifici italiani sono stati costruiti per sostenere solo carichi verticali cioè non hanno nessun tipo di progettazione antisismica. Il patrimonio storico e architettonico in muratura e gli edifici in cemento armato realizzati soprattutto tra gli anni '50 e '80 hanno elevati livelli di vulnerabilità sismica, quindi se sottoposti a terremoti di media-forte intensità tendono a danneggiarsi se non a crollare».

Come è accaduto in Turchia?
«Esattamente. In Turchia c'è stato un terremoto molto oltre la magnitudo massima prevista in Italia, e a parità di qualità edilizia i danni sono stati totali: abbiamo visto collassi strutturali completi. È più difficile che possa accadere in Italia ma molti edifici datati potrebbero avere quel tipo di risposta. Per le nuove costruzioni è differente, le norme negli ultimi decenni, in particolare dal 2003 fino al 2018, hanno recepito gli avanzamenti tecnici e scientifici che hanno portato a sistemi costruttivi più efficaci per resistere ai terremoti».

Quali sono questi sistemi?
«Sostanzialmente due. Uno basato sull'utilizzo della duttilità dei materiali, quindi la struttura si danneggia lievemente ma non crolla; oppure sistemi di tipo innovativo con isolamento alla base, con la disconnessione tra terreno ed edifici, che permette di oscillare e non danneggiare. Ma stiamo parlando di interventi per nuovi edifici. Su quelli datati in cemento armato possiamo intervenire con opere piuttosto facili da realizzare, mentre per il patrimonio storico è più complicato perché sono in gioco meccanismi locali. Chiese e monumenti, per esempio, spesso hanno singole pareti con comportamenti indipendenti, quindi rinforzare queste strutture è assai complesso. Si può fare, badi bene, ma prima di tutto vanno eseguiti studi dettagliati - consideri che le tecniche di costruzione cambiano da regione a regione - e poi la messa in opera».

Mettere in sicurezza un edificio è quindi fattibile...
«Certo, l'unica arma che abbiamo oggi è la prevenzione. Ma abbiamo la memoria corta quindi non ci pensiamo proprio a mettere in sicurezza palazzi in cemento armato o in muratura prima di un terremoto. In Italia avviene un forte terremoto ogni 5 anni in media, ci sarebbe quindi il tempo per agire ma non lo facciamo e non lo abbiamo fatto con il Superbonus 110%».

Un'occasione persa?
«Senza dubbio. Secondo i dati del Consiglio Nazionale degli Ingegneri, oltre il 90% dei fondi sono stati utilizzati per la riqualificazione energetica, e solo il 4-5% per l'adeguamento sismico. Tutti hanno realizzato quindi un cappotto termico, ma non c'è stato nessun miglioramento sismico, anzi semmai abbiamo peggiorato la situazione».

Come è possibile?


«Il rischio sismico in Italia si calcola con 3 fattori: pericolosità (frequenza e intensità con cui avvengono i terremoti), vulnerabilità (predisposizione di una costruzione a subire danni), esposizione (incentrata sulla salvaguardia della vita umana). Se realizziamo un cappotto termico su una struttura abbiamo aumentato l'esposizione, e quindi aumentato il rischio sismico. È come se avessimo messo sedili nuovi a un'auto senza cambiare i freni. Si dovevano vincolare i fondi, imponendo gli interventi di riqualificazione energetica insieme a quelli sismici. Ma questa è la mentalità italiana, purtroppo, in altri Paesi sono più avanti, hanno la percezione del rischio e intervengono. Il governo turco per esempio ha il più grande piano al mondo di riqualificazione urbanistica: 410 miliardi in 10-15 anni con possibilità di demolire e ricostruire circa 6 milioni e mezzo di edifici privati. In Italia certo è più complesso per la conformazione urbanistica, ma questo tipo di interventi va pianificato». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino