Terremoto, i fondi del Recovery Plan per rilanciare il Centro Italia: 1,78 miliardi di investimenti e sostegni

La questione del Centro Italia, diventa per la prima volta una questione nazionale. Mario Draghi se ne fa carico, in maniera solenne, inaugurando il «Parco della...

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La questione del Centro Italia, diventa per la prima volta una questione nazionale. Mario Draghi se ne fa carico, in maniera solenne, inaugurando il «Parco della Memoria» per le vittime del sisma all’Aquila. Il premier ricorda che dopo il terremoto quest’area ha perso qualcosa come 200 milioni di euro l’anno di valore aggiunto. Al netto delle sofferenze e delle ulteriori difficoltà economiche causate dalla pandemia. Non solo. La ricostruzione, quella pubblica, procede ancora lenta. Ancora non ha, dice Draghi, un piano completo. «Parlo», aggiunge il premier, «di scuole, ospedali, strade, uffici e chiese, quegli edifici che rendono un luogo una comunità. Dobbiamo accelerare, per l’obbligo morale che abbiamo verso voi tutti cittadini». Dunque è il momento di ricostruire. E anche di “restituire”. «Abbiamo deciso di destinare un’apposita linea di investimento del Pnrr» alle zone dei terremoti del 2009, 2016 e 2017, dice Draghi. «Questo pacchetto», aggiunge, «ha un valore di 1,78 miliardi e finanzia la ricostruzione sicura e sostenibile, il recupero ambientale, e iniziative a sostegno di cittadini e imprese». Sono soldi aggiuntivi rispetto ai 191,5 miliardi del Pnrr, ai quali i territori del Centro Italia comunque parteciperanno con i loro progetti. 

Entro la fine di questa settimana, ha annunciato il Presidente del Consiglio, sarà firmato il decreto che ripartisce il miliardo e 780 milioni previsto dal Fondo complementare che accompagna il Recovery plan. I soldi saranno gestiti dal Commissario straordinario alla ricostruzione Giovanni Legnini insieme alla cabina di coordinamento della quale fanno parte i presidenti di Regione, i sindaci, e le strutture tecniche di missione incaricate della ricostruzione. Non è un dettaglio secondario. Il Commissario può agire attraverso le ordinanze, in deroga alle ordinarie norme di legge. Significa bandi e appalti veloci. Fino a ieri sera gli uomini di Legnini stavano ancora dialogando con la Ragioneria generale dello Stato per definire nel dettaglio i capitoli sui quali saranno allocati i fondi.  

Ci saranno due linee di intervento. La prima, finanziata con 1,078 miliardi è stata battezzata «paesi e città sicuri, sostenibili e connessi». Un pacchetto, rivolto soprattutto ad investimenti nel settore pubblico, il cui obiettivo è quello di accrescere l’attrattività delle aree interne. Una linea di intervento riguarderà l’installazione su tutto il territorio di sensori che avranno diversi scopi: dal controllo del rischio sismico, a quello delle reti elettriche, fino alla presenza nei cantieri. Un altra linea di intervento riguarderà l’efficientamento degli edifici pubblici (oggi esclusi dai superbonus), con incentivi diretti ai Comuni che renderanno sostenibili i loro immobili. I governatori delle Regioni del Centro stanno spingendo perché i fondi siano spesi anche in opere infrastrutturali. Ma senza progetti pronti, in grado di essere messi a terra entro il 2026, pare una strada difficile.

Sarà prevista inoltre, la nascita di quattro Centri di ricerca. Uno, sull’alta formazione nella Pubblica amministrazione, è stato annunciato dallo stesso Draghi. Ma ne è previsto anche uno sul sisma e un altro sulle tecnologie agro-alimentari. Gli altri 700 milioni del Fondo complementare, saranno destinati alle imprese e al mondo produttivo. Saranno preparati dei bandi che metteranno i soldi a disposizione che potranno essere utilizzati per investimenti legati alla transizione ecologica e a quella digitale. Ci saranno anche misure già sperimentate in altri contesti con buoni risultati, come fondi per favorire il ritorno delle attività commerciali all’interno dei centri storici. La macchina, insomma, è partita. Adesso si tratta solo di mettere a terra i soldi. Nel più breve tempo possibile. Perché se è vero che queste risorse non sono legate al cronoprogramma europeo, è altresì vero che il governo vuole che siano spese tutte entro il 2026.

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Il Mattino