La prima «tangenziale» la fecero i romani: storie dell'altro Vomero

La prima «tangenziale» la fecero i romani: storie dell'altro Vomero
La gente del Vomero ha sempre campato/vendendo pane in Via Tribunali/Accarezzati dalla brezza del Vomero/quei signori guardano dall'alto in basso/il sudore di Via...

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La gente del Vomero ha sempre campato/vendendo pane in Via Tribunali/Accarezzati dalla brezza del Vomero/quei signori guardano dall'alto in basso/il sudore di Via Tribunali,/le lacrime di Mergellina,/il sangue di Piazza Mercato/ma se vogliono pregare i santi,/devono scendere nel buio della povertà./Perché su al Vomero non ci sono chiese con santi/e nemmeno gli dei abitarono mai

(Alfred Andersch)
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La prima «tangenziale» di Napoli venne costruita dai romani. Si chiamava via per colles ed è stata a lungo l'unica strada di collegamento tra Napoli e la zona flegrea. Prima della realizzazione della via per colles, nel I° secolo a.C., chi voleva raggiungere Pozzuoli da Napoli via terra, o percorrere il tragitto contrario, doveva arrampicarsi per i tortuosi sentieri di Posillipo, attraversando boschi e selve. Una faticaccia. A meno di non possedere, come il facoltoso e terribile cavaliere romano Publio Vedio Pollione, una comodissima scorciatoia privata, che in poco tempo consentiva di raggiungere il litorale flegreo: la grotta di Seiano.

Chi volesse viaggiare nel tempo e ammirare una delle (poche) testimonianze tuttora visibili della via per colles non ha che da recarsi in via Conte della Cerra, dove sopravvivono le arcate in mattoni rinvenute durante la realizzazione della stazione Salvator Rosa della Linea 1. Un giorno, come non ci stanchiamo mai di ripetere, quella degli scavi per i cantieri del metrò sarà ricordata come l'epoca d'oro dell'archeologia napoletana.

Fino agli inizi del primo secolo d.C., dunque, prima dello scavo della straordinaria Crypta Neapolitana (al centro di numerose leggende: si narra infatti che il Mago Virgilio l'avesse fatta costruire in una sola notte, con l'aiuto di una schiera di demoni) le città di Neapolis e di Puteoli (Pozzuoli), separate da una vasta zona paludosa, erano collegate, a meno di non andar per mare, solo da questo percorso che passava per le colline. Percorso che già esisteva, pare, al tempo dei greci. Come spiega lo studioso e grande esperto del Vomero Antonio La Gala nel bel libro Il Vomero e l'Arenella (Guida editore) «successivamente la strada fu chiamata via Antiniana. Questa via, dopo Agnano, Fuorigrotta e la località Marcianum, risaliva la Loggetta e la Canzanella, e raggiungeva la collina del Vomero, dove passava sicuramente per Antignano». Dopo Antignano la via per colles scendeva per via Conte della Cerra e Salvator Rosa. Infine, dopo la zona di Piazza Mazzini, attraversava il percorso compreso fra i Ventaglieri e il Cavone per arrivare più o meno dalle parti dello Spirito Santo, da dove allora si entrava in città. Sull'antico nucleo abitativo rurale che sorgeva lungo il tracciato della via per colles nacque, intorno al secondo secolo d.C., la via Antiniana (il cui nome potrebbe derivare da ante Agnano, in quanto posta di fronte al piccolo lago di Agnano, da secoli prosciugato, o dall'aggettivo Antonianum, in riferimento a un antico proprietario della zona).
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Vomero, Antignano, Arenella. C'è stato un tempo, ed è un tempo di cui non dovremmo disperdere la memoria, in queste zone a noi così familiari non erano altro che casali, in sommità alla collina che sovrasta il centro di Napoli. Casali e villaggi uniti da stradine minori, a volte minuscole. Mentre i collegamenti con la città bassa avvenivano attraverso l'Infrascata, l'attuale via Salvator Rosa, oppure attraverso rapide salite pedonali quali la Pedamentina o il Petraio. Come racconta lo storico dell'architettura Renato De Fusco in Rileggere Napoli nobilissima, l'aria purissima, la fertilità dei campi, il lavoro negli orti e nei frutteti «e quant'altro si svolgeva in bucolica quiete fecero dei casali vomeresi una villeggiatura ideale, prima per grandi personaggi - Salvator Rosa, Pietro Giannone, il Pontano, il Panormita, Giambattista della Porta, Giuseppe Donzelli - poi anche per numerosi nobili e borghesi».
È merito, dunque, della prima «tangenziale» della città (la via per colles, poi Antiniana) che abbiamo potuto assistere alla trasformazione della parte collinare di Napoli da zona disabitata a quartiere residenziale per nobili e possidenti locali.
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Perché il casale più importante di tutti (con Antignano) si chiamasse Vomero lo spiega il dotto canonico Carlo Celano in una delle pagine più belle del suo monumentale Notizie del bello, dell'antico e del curioso della città di Napoli, ripubblicato recentemente da Rogiosi. Celano racconta di un suo giovanile incontro con un vecchio centenario che spiega così l'origine del nome: «Sin dal tempo dell'avo mio, che pure mori vecchio come me, qui sopra habitavano tutti quelli che havevano vomeri e bovi, ed andavano a lavorare dove erano chiamati. Nelli giorni che non erano di lavoro i giovani, tra i quali ero ancor io, che per gratia di Dio non mi ho fatto vincere da nessuno, si disfidavano e ponevano un palio o qualche altro premio perche l'havesse guadagnato chi faceva il solco piu diritto».

Nell'aratro, va precisato, il vomere è la lama d'acciaio che rovescia la zolla dopo averla tagliata in senso orizzontale. Il nome Vomero deriva dunque dal «gioco del vomere» che i contadini della collina praticavano nei giorni festivi, sfidandosi a tracciare con l'aratro il solco più diritto. Prosegue il racconto del centenario citato da Celano: «Per veder questo gioco vi saliva una quantita di gente dalla citta, e dicevano: Andiamo a vedere il gioco del vomere, e per questo e restato a questo luogo questo nome. Mi si rese credibile perchefino a questi tempi v'habitano contadini che vivono coll'andare arando in diverse ville, e colle carrette a vettura tirate da bovi».
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La via Antiniana è anche legata al santo protettore dei napoletani. Tra il 413 e il 431 d.C. il vescovo di Napoli Giovanni I dispose la traslazione delle reliquie di San Gennaro dal luogo dove era stato sepolto, vicino alla Solfatara, alle catacombe di Capodimonte. Si narra che durante il tragitto, nel luogo dove oggi sorge la basilica di S. Gennaro ad Antignano, avvenne per la prima volta il miracolo della liquefazione del sangue. Al termine di via Conte della Cerra, vicino alla chiesa, è posta un'effige a ricordo del miracoloso evento.


La trasformazione della collina si avviò a partire dal 1885, con la fondazione (erano i tempi del famoso Risanamento) del Nuovo Rione e la progettazione di un tracciato viario a maglia reticolare che applicava i dettami razionalistici in voga in tutta l'urbanistica europea di fine secolo, nel solco della Parigi ridisegnata dal grande urbanista Georges Eugène Haussmann, più conosciuto come Barone Haussmann. Il Nuovo Rione venne inaugurato il 20 ottobre 1889, con l'apertura della Funicolare di Chiaia, cui seguì la Funicolare di Montesanto nel 1891. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino