Il vice responsabile della moschea: «Ouali ospitato da mio cognato ma ignoravamo la sua attività»

Le fasi dell'arresto del presunto terrorista dell'Is davanti alla sua abitazione a Bellizzi
La faccia dell’integrazione realizzata si trova in via Keplero a Bellizzi. E’ qui che 24 anni fa nacque la prima moschea della provincia di Salerno e che ancora oggi...

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
99,98€
40€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA FLASH
ANNUALE
49,99€
19€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
 
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
SCEGLI ORA

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
SCEGLI ORA
 
ANNUALE
49,99€
11,99€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
2 ANNI
99,98€
29€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA SPECIALE

Tutto il sito - Mese

6,99€ 1 € al mese x 12 mesi

Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese

oppure
1€ al mese per 3 mesi

Tutto il sito - Anno

79,99€ 9,99 € per 1 anno

Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno

La faccia dell’integrazione realizzata si trova in via Keplero a Bellizzi. E’ qui che 24 anni fa nacque la prima moschea della provincia di Salerno e che ancora oggi ospita la cospicua comunità di fedeli residente in zona. Un punto d’incontro e di preghiera frequentato da centinaia di musulmani pienamente inseriti nel tessuto sociale della cittadina. Abdullah è uno dei responsabili del centro: 63 anni, marocchino, è uno dei primi migranti nordafricani giunti nella Piana del Sele. Arrivò in zona nel 1978. Un’esistenza felice che non vuole venga scalfita dalla circostanza che ha portato il fratello della moglie ad ospitare in casa sua Djamal Eddine Ouali, arrestato sabato scorso. «Non ho mai parlato con questa persona e non ho mai voluto averci a che fare, per mia deformazione caratteriale non riesco ad intrattenere rapporti con estranei – sottolinea - voglio evidenziare che quando mio cognato ha deciso di dare accoglienza ai due si è recato immediatamente alla Questura per i dovuti adempimenti burocratici. Per il resto non so niente».


Per quel che concerne la comunità musulmana nel suo complesso, avete notato qualcosa di strano nei giorni che hanno preceduto l’arresto di Djamal Eddine Ouali?
«Nulla. Da queste parti nessuno l’ha mai visto: qui ci conosciamo tutti, siamo come una grande famiglia. Abbiamo voluto la moschea nel 1992 solo per pregare».

Qual è stata la vostra reazione al caso di Bellizzi?
«Siamo rimasti sbalorditi. La nostra comunità è totalmente integrata a Bellizzi, e tantissimi, come me, hanno famiglia ed i nostri figli si sentono e sono italiani al cento per cento. L’organizzazione interna, inoltre, prevede un elevato livello di controllo: quando notiamo qualche persona “estranea” e priva di documenti durante le preghiere provvediamo subito a segnalarla alla Questura. In questo periodo particolare non ci fidiamo di nessuno. Vogliamo tranquillità, e per noi chi tocca l’Italia tocca i nostri figli ed i nostri fratelli». 
C’è il timore che quello che è accaduto possa rovinare il percorso di integrazione?
«In Marocco c’è un detto che dice: un pesce marcio può guastare l’intera cassetta e noi non permetteremo che tale episodio metta in discussione quarant’anni di fiducia con una città che ci ha fatto sempre sentire a casa. Il rispetto è reciproco. Con le istituzioni abbiamo lavorato fianco a fianco per creare le condizioni necessarie a far sentire a casa i nuovi arrivati».

Come si immagina il futuro?

«La gente ci conosce è una vita che conviviamo in piena serenità e desideriamo con tutte le nostre forze che sia per sempre così».  Leggi l'articolo completo su
Il Mattino