Moglie lascia il marito violento lui nega ai figli la scuola

Moglie lascia il marito violento lui nega ai figli la scuola
BATTIPAGLIA - Due bambini usati per far sì che la moglie, stanca di essere maltrattata, torni. Due bimbi cui viene negato il diritto allo studio, in attesa che il Tribunale...

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BATTIPAGLIA - Due bambini usati per far sì che la moglie, stanca di essere maltrattata, torni. Due bimbi cui viene negato il diritto allo studio, in attesa che il Tribunale dei minori si pronunci. L’istanza al giudice tutelare, presentata dal legale della donna, Annamaria Di Benedetto, è stata protocollata già da un mese. Così come una querela al Tribunale per chiedere la separazione con addebito. Nel giugno scorso, appena la donna, che chiameremo Laura, si è rifugiata dai genitori a Battipaglia, l’avvocato ha tentato una mediazione con il padre dei bambini, perchè acconsentisse al rilascio del nulla osta dalla scuola di origine, a San Marco Evangelista, in provincia di Caserta. Nell’attesa, infatti, Laura ha iscritto i due figli, di 11 e 8 anni, al plesso dei Caduti del Velella, dove la dirigente li ha accettati «con riserva», in attesa del nulla osta. Ma dopo alcuni giorni di lezione sono giunte le minacce del padre, che ha costretto il dirigente della scuola casertana a telefonare all’istituto battipagliese e a far negare l’iscrizione. La legge, infatti, prevede il consenso di entrambi i genitori o la pronuncia del giudice.


Ma Laura non può tornare a San Marco. «Sono stati quindici anni di schiavitù - racconta - volevo andarmene da tempo, denunciarlo per come ci trattava. Ma avevo paura. Non avevamo neppure da mangiare. Una volta mi ha chiuso nello stanzino per picchiarmi. Non voleva che uscissi. Mi controllava. Non potevo parlare con nessuno». Un calvario, raccontato con le lacrime agli occhi. «Le maestre a scuola si erano accorte che c’erano problemi e mi aiutavano - continua - Spesso ci fornivano i pasti, e acquistavano l’occorrente per i bambini. I miei genitori avevano capito che le cose non andavano bene, e mi aiutavano comprando vestiti ai bimbi e mandando soldi. Ma lui li usava per portare avanti la sua attività». L’uomo, che aveva una fabbrichetta di conserve, l’aveva poi chiusa per i troppi debiti ma continuava l’attività sulle spalle della moglie. «Mi costringeva a lavorare chiusa in casa. Uscivo solo per andare a prendere i bimbi a scuola. La spesa voleva farla lui. Se servivano medicine dovevo procurarmele di nascosto, perché mi toglieva i soldi. Urlava: vattene tu e i tuoi figli! Ma io sapevo che se lo avessi fatto mi avrebbe punita».  Leggi l'articolo completo su
Il Mattino