Addio a Procida, poeta dell'argilla: Vietri perde la sua anima più creativa

Addio a Procida, poeta dell'argilla: Vietri perde la sua anima più creativa
Il primo agosto ha festeggiato le 81 candeline. Con una festa inno alla gioia. All'hawaiana. Collane di fiori per tutti gli ospiti. Coloratissime. Come le sue ceramiche...

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Il primo agosto ha festeggiato le 81 candeline. Con una festa inno alla gioia. All'hawaiana. Collane di fiori per tutti gli ospiti. Coloratissime. Come le sue ceramiche ironiche e surreali. «Vi voglio salutare così», la frase con cui Francesco Franco Procida ha accolto parenti e amici, il sorriso aperto e le mani allargate a mimare un grande abbraccio. Sì il maestro, titolo d'obbligo per uno dei più squisiti artisti dell'argilla di Vietri sul Mare, sapeva che quel compleanno sarebbe stato l'ultimo e ha voluto celebrarlo a modo suo. Aveva un tumore e ne era consapevole. Non aveva voluto regali, ma aveva, col suo generosissimo cuore, chiesto di devolvere qualcosina, anche un solo euro, alla onlus Open, associazione vicinissima ai malati di cancro.

 

«Si è aggravato subito dopo», confida i figlio Alessandro, con la sorella Domenica e la mamma Maria Senatore raggiunto ieri, in ospedale, da quasi tutta la comunità artigianale della città faenzera. E non solo. Perché la notizia si è diffusa in un lampo nel pianeta arte. Sì Franco, erede della dynasty dei creativi Procida, era apprezzato, per il suo talento, unito al cuore ed alla mente, in Italia e nel mondo. Lo ricorda il poeta dei segni Pietro Amos, autore, per una mostra al Fai curata dalla gallerista Paola Verrengia, di un intenso emozionante testo su Francesco Procida, cogliendo la sua identità e anima nella lezione del padre Giosuè e degli zii Salvatore e Vincenzo. Eppure, racconta Amos, «aveva fatto mille mestieri, la ceramica da ragazzo l'aveva appena sfiorata quasi a voler evitare il ricordo di giorni non certo facili passati nel laboratorio del padre». Poi la morte di Giosuè, nel 91. Francesco avverte urgente il richiamo della ceramica, l'arte è nel dna. Mette su una piccola bottega, «a stento ci entravano due persone» dice Amos. Il caos regna sovrano. Candelabri, ciucci, presepi, vasi antropomorfi, grotteschi personaggi ricoperti da uno spesso strato di smalto vetroso inventati da lui e mescolati agli oggetti capolavori del padre o degli zii. Quasi indistinguibili se non ad un occhio attento, visto che per tutti la firma è semplicemente «Procida». Critici d'arte passano da quel laboratorio, quasi celato; Vittorio Sgarbi ed Enzo Biffi Gentili sono stregati dai suoi lavori. Franco partecipa a mostre a Parigi, Montecarlo, Stoccolma. «Con i suoi presepi - sottolinea Paola Verrengia - ha conquistato l'Italia, da Assisi a Cerreto. E una delle sue poetiche natività fu donata da Alfonso Andria, presidente della Provincia, a papa Giovanni Paolo II in occasione dell'inaugurazione del seminario di Faiano nel 99». Cordoglio da parte del sindaco De Simone, mentre l'Ente Ceramica ha firmato il manifesto a nome di tutti i ceramisti vietresi. Oggi l'addio a Francesco Procida, ore 16,30, nella chiesa di San Giovanni Battista. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino