In carcere da innocenti per 9 lunghissimi mesi con l’infamante accusa di violenza sessuale, additati come «mostri» da un’intera comunità e privati...
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Un’inchiesta che ha distrutto un intero nucleo familiare che, dopo aver già intentato il procedimento per il risarcimento dell’ingiusta detenzione (la cifra liquidata dalla Corte d’appello non è ancora stata erogata perché la Procura ha fatto appello), chiama ora in causa la presidenza del Consiglio dei Ministri al quale spetta risarcire il danno in base alla cosiddetta legge Vassalli che sancisce il principio della responsabilità civile dei magistrati. L’appuntamento è per il prossimo 5 aprile quando, davanti al tribunale di Napoli, si aprirà il procedimento intentato dalla famiglia della ragazza rappresentata dall’avvocato Antonio Bruno. È infatti la legge numero 117/1988 a stabilire che «chiunque abbia subito un danno ingiusto a causa di un comportamento, atto o provvedimento giudiziario posto in essere dal magistrato può agire contro lo Stato per ottenere il risarcimento dei danni patrimoniali e anche di quelli non patrimoniali». In base al principio della «responsabilità indiretta», sancito proprio dalla cosiddetta legge “Vassalli” «il cittadino che ha subito un danno ingiusto a causa del magistrato dovrà agire esclusivamente nei riguardi dello Stato, il quale si rifarà in un secondo momento sul giudice responsabile». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino