«Nel 2011, nell’immediatezza della sua morte, sognai Angelo. Sognai la scena della sua uccisione, come se mio fratello volesse darmi indicazioni. Vidi un motorino, e...
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«Noi siamo sempre stati collaborativi con la procura. Io mi sono sempre preso la responsabilità delle cose che ho dichiarato. Ho messo nero su bianco i miei sospetti e ho fatto i nomi di chi potrebbe aver ucciso mio fratello. Io non tempo nulla, mi attaccherò addosso a tutti loro e non mollerò fino a quando non si arriverà ai responsabili». Secondo Dario Vassallo ci sarebbero altri interrogativi ai quali - a suo avviso - la procura di Salerno non avrebbe dato risposte. «Non si è mai parlato del motorino - dice - non si sarà mai seguita quella traccia. Nel mio sogno il motorino è scappato andando avanti, non è tornato indietro. L’ipotesi motorino c’è anche nelle carte delle indagini. E c’è dal primo momento. Hanno mai seguito questa pista? Sanno che quella strada porta a San Mauro Cilento. Sono mai andati lì?». Continua a pronunciare il numero nove. E commenta: « Ad uccidere Angelo è stato un professionista». Quindi ricorda i quattro colpi mortali che da soli sarebbero stati sufficienti ad uccidere il fratello ma che non sono bastati al killer che ha fatto «un lavoro perfetto». Un colpo al cranio che gli ha spappolato il cervelletto. Un colpo alla mandibola. Uno al polmone superiore. Uno al cuore. «Hanno voluto massacrarlo e la procura non dice nulla. Perché? Loro parlano di pista passionale, di droga. La verità è tutta lì, tutta a Pollica. Io non sono pazzo quando dico certe cose...» Leggi l'articolo completo su
Il Mattino