«Sono solo un cittadino che ha liberamente espresso il proprio dissenso. Non c’è nulla di precostituito dietro lo striscione che assieme al mio amico Giampiero...
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Ennio Riviello, di professione avvocato, ha scoperto di essere indagato per la vicenda dello striscione anti Salvini, solo perché ha presentato formale richiesta in procura. La sua posizione è chiara, ora. Almeno per lui. Non sa se, assieme a suo nome, ne risulta qualcun altro. In effetti gli indagati dovrebbero essere due. In due, quel giorno, furono identificati dalla polizia: con lui, anche il suo amico Giampietro Perruso. I due giovani affidano a facebook la loro comunicazione e anche il loro pensiero. L’accusa contestata è di turbativa di campagna elettorale.
«L’atto dovuto è stato compiuto - si legge sul profilo di Riviello - Il mio nome figura nel registro delle notizie di reato della Procura di Salerno. Il reato commesso non è rubricato e trova la sua collocazione del DPR 361 del 1957 all’articolo 99. Aver esposto uno striscione e averlo rimosso dopo l’arrivo della Digos e prima dell’inizio del comizio è per la Questura di Salerno fatto perseguibile, anzi fatto da perseguire». Contattato al telefono, Ennio Riviello ricorda che lui è un avvocato e che, in quanto tale, non solo comprendere l’iscrizione nel registro degli indagati ma ha anche «fiducia nella magistratura». «In fondo - dice - il pm può anche archiviare...Non c’è stata premeditazione come contestato dalla polizia». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino