«Il Parco Archeologico di Elea-Velia mi ha colpito per il senso di abbandono che attanaglia sempre più i siti archeologici del mio sud». Questa la denuncia....
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L’archeologo dell’Università La Sapienza di Roma racconta con amarezza la sua esperienza. Non c’è pace per il sito di Velia che nei mesi scorsi ha visto sfumare l’autonomia dopo la decisone del Ministero dei Beni culturali di trasferire la competenza al Polo Museale di Napoli. Le difficoltà di garantire la gestione ordinaria e straordinaria sono note. È difficile reperire i soldi anche per tagliare l’erba. Molto viene fatto grazie allo sforzo degli amministratori locali e di volontari. Molto sicuramente c’è ancora da fare. Malatesta nei giorni scorsi è Giunto a Velia con degli amici, la sua intenzione era quella di visitare un’antica fornace posta fuori dell’area archeologica. «Ho chiesto - dice - indicazioni ai funzionari in loco, che mi hanno risposto in maniera confusa, sconsigliandomi di andare perché difficile da raggiungere. Siamo riusciti ad arrivarci, dopo un bel po’ di tempo. Eppure - aggiunge l’archeologo - si tratta di un impianto importante, lascia interdetti vedere lo stato in cui versa, nell’indifferenza della cittadinanza che vi abita a ridosso, ignorandone completamente la natura».
«La zona finita al centro della denuncia dell’archeologo - ricorda Valentina Pica assessore al Turismo - sta all’esterno delle Mura del Parco Archeologico di Elea Velia, dove ci sono state e ci sono tuttora attività di studio. La zona è perfettamente segnalata, osando possiamo dire che forse è segnalata dal punto di vista della segnaletica anche meglio rispetto al Parco». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino