Il mio diario di viaggio in Giappone si chiude con il racconto di una delle cose più affascinanti del Sol Levante: il kimono e la sua lunghissima e meticolosa creazione. Ho...
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La meticolosa creazione di un kimono di questo pregio richiede anche più di un anno di lavoro, e in questo caso non ho osato chiederne il prezzo, sarebbe stato maleducato da parte mia: dare un prezzo a un kimono del genere sarebbe come dare un valore massimo ad un’opera d’arte.
Il kimono (letteralmente “cosa da indossare” e quindi “abito”) non è da sempre come noi lo conosciamo oggi. La sua storia è fortemente influenzata dall’abbigliamento tradizionale cinese, che nell’VIII secolo divenne popolare in Giappone. Nel periodo Heian (794-1192), il kimono divenne sempre più simile a quello attuale, anche se all’epoca veniva ancora coperto con una sorta di grembiule chiamato “mo”. Durante il periodo Edo, le maniche iniziarono ad allungarsi e la cintura “obi”, che chiude l’abito avvolto introno al corpo, iniziò a diventare più larga, con vari tipi di nodi e allacciature sempre meno semplici. Da allora la forma base del kimono maschile e femminile è rimasta essenzialmente immutata.
Tradizionalmente le donne nubili indossano un kimono con maniche estremamente lunghe che arrivano fin quasi a terra, chiamato “furisode”. La veste è avvolta attorno al corpo, sempre con il lembo sinistro sopra quello destro, tranne che ai funerali, dove avviene il contrario. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino