Alla scoperta del Giappone con Massimiliano Neri: la nascita del kimono nell’atelier del maestro Yutaka

Alla scoperta del Giappone con Massimiliano Neri: la nascita del kimono nell’atelier del maestro Yutaka
Il mio diario di viaggio in Giappone si chiude con il racconto di una delle cose più affascinanti del Sol Levante: il kimono e la sua lunghissima e meticolosa creazione. Ho...

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Il mio diario di viaggio in Giappone si chiude con il racconto di una delle cose più affascinanti del Sol Levante: il kimono e la sua lunghissima e meticolosa creazione. Ho avuto il privilegio di essere accolto dal Maestro Terada Yutaka nel suo prezioso atelier al centro di Kyoto. Nel video chiacchieriamo e mostriamo la nascita di questo abito della tradizione giapponese. Ecco ancora un’altra declinazione del concetto estetico Iki.


La meticolosa creazione di un kimono di questo pregio richiede anche più di un anno di lavoro, e in questo caso non ho osato chiederne il prezzo, sarebbe stato maleducato da parte mia: dare un prezzo a un kimono del genere sarebbe come dare un valore massimo ad un’opera d’arte.
 
Il kimono (letteralmente “cosa da indossare” e quindi “abito”) non è da sempre come noi lo conosciamo oggi. La sua storia è fortemente influenzata dall’abbigliamento tradizionale cinese, che nell’VIII secolo divenne popolare in Giappone. Nel periodo Heian (794-1192), il kimono divenne sempre più simile a quello attuale, anche se all’epoca veniva ancora coperto con una sorta di grembiule chiamato “mo”. Durante il periodo Edo, le maniche iniziarono ad allungarsi e la cintura “obi”, che chiude l’abito avvolto introno al corpo, iniziò a diventare più larga, con vari tipi di nodi e allacciature sempre meno semplici. Da allora la forma base del kimono maschile e femminile è rimasta essenzialmente immutata.

Tradizionalmente le donne nubili indossano un kimono con maniche estremamente lunghe che arrivano fin quasi a terra, chiamato “furisode”. La veste è avvolta attorno al corpo, sempre con il lembo sinistro sopra quello destro, tranne che ai funerali, dove avviene il contrario. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino