Aveva 26 anni quando fu deportato ad Auschwitz. Lale Eisenberg, slovacco, figlio di genitori ebrei, quando, nell'aprile del 1942 i tedeschi pretesero che ogni famiglia della...
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Il libro è nato dall'incontro causale dell’autrice, avvenuto nel 2003, con un anziano signore che le ha raccontato le sue vicende umane. All'interno del campo di sterminio Lale conobbe l'orrore dell'olocausto, assistette ad uccisioni del tutto gratuite, vide uomini trattati come bestie, scoprì l'abominio delle camere a gas e dei forni crematori e fu costretto, da ebreo, a marchiare altri ebrei. Ma fu proprio in quel posto dove l'amore sembra non avere residenza che Lale conobbe Gita. Incontrò il suo sguardo la prima volta quando le tatuò il numero sull'avambraccio sinistro. La tenerezza e il trasporto che legava i due fu un motivo per aggrapparsi alla vita con le unghie e con i denti nella speranza di sopravvivere a quell'orrore e potersi amare al di fuori di quel campo di sterminio. Ma prima di poter coronare il loro sogno dovettero vivere altre avventure. Dopo tre anni di incubo, durante i quali più volte la morte li sfiorò, furono separati e si persero di vista. Si ritrovarono più tardi in Cecoslovacchia e si sposarono nel 1945. La vita li portò poi a Vienna, Parigi ed infine in Australia. Lale e Gita furono testimoni di quel grave crimine contro l'umanità che fu l'olocausto. Vissero il loro presente all'interno del campo di sterminio con la consapevolezza che forse non avrebbero conosciuto un domani, non avrebbero avuto un futuro. Alla fine il destino che li ha divisi li ha poi riuniti. “Il tatuatore di Auschwitz” presto diventerà un film. La storia di Lale e Gita è la dimostrazione che non esiste luogo in cui l'amore non possa vincere.
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Il Mattino