Antonio, difensore civico del centro storico di Napoli: «Io non arrendo, denuncio»

Antonio, difensore civico del centro storico di Napoli: «Io non arrendo, denuncio»
Ha la memoria di un elefante, il passo della tartaruga, l'occhio di lince. È la voce di denuncia che ogni giorno si leva dal centro storico di Napoli, in...

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Ha la memoria di un elefante, il passo della tartaruga, l'occhio di lince. È la voce di denuncia che ogni giorno si leva dal centro storico di Napoli, in qualità di abitante e difensore civico, una specie rara, robusta e in estinzione. L'ostinazione l'ha sviluppata in strada, tra i vicoli rumorosi e tagliati dalla luce. Da bambino, per otto anni, è stato nell'orfanotrofio La Palma al rione Sanità. Da ragazzo ha conseguito il diploma di tipografo; da adulto è diventato infermiere nei reparti di frontiera: «Per mantenere una promessa fatta a mia madre, morta di leucemia». Antonio Alfano, 65 anni, si sfila gli occhiali: vede meglio senza, i dettagli. Inquadra i volti dei ragazzi che attraversano la strada con un materasso e la vita dentro un murales di Banksy; fa ridere gli scugnizzi che stringono bambole, acqua e buste di plastica; apre i bassi popolati dalle donne d'ogni età; riprende i tuffi in una fontana a Forcella e il cuppetiello di Carmine, «il vostro castagnaro di fiducia». Sua moglie è una casalinga femminista, tutta grinta e sorriso, il figlio Paolo lavora in Germania per necessità e ora (anche) per amore, Valentina, la piccola di casa, porta con sé la dolcezza di quest'uomo che non volta le spalle agli altri. Per indole, è la sua natura. Non pago, nonostante l'età e la pensione. Nel suo pc conserva un elenco infinito di documenti, e racconta sottovoce: «Non potete neanche immaginare quanto sia difficile fare il proprio dovere nelle nostre strutture pubbliche. Negli ultimi 40 anni ho segnalato ricoveri impropri, sprechi; non è cambiato quasi niente, anzi. Nel 2006, nel parcheggio dell'ospedale dove lavoravo, qualcuno mi distrusse il cofano dell'auto. Mai ricevuta solidarietà da nessuno». Di più: «Qualcuno ha inviato lettere anonime a mio nome, indirizzate alla dirigenza aziendale, con accuse pesanti e l'intento di provocare una bufera giudiziaria». Ma «se si vuole garantire qualità all'assistenza», avverte, «è necessario attivare uno strumento di controllo continuo con ispezioni senza preavviso nei presidi, una commissione mista, composta da istituzioni, associazioni e cittadini. Bisogna informatizzare le cartelle cliniche, avere un sistema di tracciabilità non manipolabile: in molte strutture si compilano ancora a mano, con grafie spesso illeggibili. E molti pazienti ancora non sanno che è un loro diritto consultare il fascicolo e gli esami, durante il ricovero».

 
Alfano è promotore di un progetto di Medicina solidale, «per la difesa e la tutela del bene salute anche attraverso campagne di informazione e sensibilizzazione, ad esempio anti-fumo o anti-obesità». Spiega: «Con l'aiuto di infermieri volontari insegniamo ai parenti dei pazienti costretti a letto come prevenire le piaghe da decubito e affrontare la burocrazia ospedaliera. Un'attività che nel 2013 ha portato a inviare al ministro della salute un dossier sul mercato nero del badante in corsia e la disumanizzazione dell'assistenza in diversi presidi».

Ma l'attivismo di Alfano va oltre le corsie e i muri di gomma dei reparti: attraversa la città, la sua storia e i suoi problemi.


L'infermiere in pensione presiede la No Comment, fondata nel 1999 con la moglie, Antonietta Tondi e una ventina di attivisti tra cui Luigi Polito, Maurizio Montalto, Sabatino Di Maio. «In venti anni non abbiamo mai né chiesto né ricevuto fondi da chicchessia. Una scelta intransigente per restare liberi di essere e di fare», premette Alfano. «L'associazione utilizza soprattutto la fotografia per documentare il quotidiano, nel bene e nel male, e all'amministrazione comunale invia il materiale». A settembre 1999, la prima provocazione: «Compare in versione pirata Il figlio di Crash, un progetto di informazione culturale, musica e arte realizzato assieme a Di Maio per colmare un vuoto dovuto alla chiusura del periodico originale». Nel 2013 l'Illegal tour tra prostitute e contrabbandieri, organizzato nel borgo di Sant'Antonio Abate per denunciare appunto l'illegalità diffusa, attira il Times . E Alfano raduna intorno a sé anche le tante altre onlus e anime del cuore di Parthenope perché «l'unione fa la forza», e non mancano le collaborazioni culturali: quella con la fondazione Laboratorio Mediterraneo, diretto da Caterina Arcidiacono, docente di psicologia sociale e di comunità alla Federico II, porta nella capitale tedesca la mostra convegno Racconti e immagini della città. Qualità di vita e turismo nei quartieri storici di Firenze, Berlino e Napoli. La No Comment accende un faro sugli ultimi e i più fragili, i volti popolari, i cartoneros e i luoghi dimenticati. E sulla Napoli positiva raccontando l'8 marzo storie di donne in direzione ostinata e contraria, e entra nelle scuole per parlare di legalità, «una volta anche con la collaborazione di Nunzio Giuliano. Su YouTube c'è un video che mostra la lezione», aggiunge Alfano. Ma è impossibile riepilogare tutte le battaglie per dare senso civico seguite giorno dopo giorno, h 24. Così il lavoro diventa dovere deontologico fuori orario, la casa è un punto di visione per stare al mondo e la macchina fotografica un potente strumento di racconto per immagini. «Comprai una Pentax k1000, perché non sapevo disegnare», sorride Alfano, camminando piano e, d'improvviso, riprende a scattare: le realtà sociali e urbane che incontra sono impresse nella sua memoria, su carta fotografica e digitale. Una memoria appunto di elefante. Importante e ingombrante. E la denuncia è a oltranza. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino