Coppa Uefa, l'emozione che i lettori del Mattino vissero anche in differita: oggi prima pagina in omaggio

Coppa Uefa, l'emozione che i lettori del Mattino vissero anche in differita: oggi prima pagina in omaggio
Ancora oggi, a distanza di 33 anni, Corrado Ferlaino è assalito dall'emozione e piange quando parla della notte di Stoccarda e della vittoria in Coppa Uefa davanti a...

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Ancora oggi, a distanza di 33 anni, Corrado Ferlaino è assalito dall'emozione e piange quando parla della notte di Stoccarda e della vittoria in Coppa Uefa davanti a trentamila emigrati italiani. Ricorda il brivido delle bandiere azzurre lungo la strada che conduceva all'aeroporto e il ringraziamento dei connazionali che videro in quel successo sportivo un'occasione di riscatto. Era accaduto, peraltro, lo stesso esattamente due anni prima a Napoli, quando fu conquistato lo scudetto da una squadra che non ne aveva mai vinti.


Dopo la vittoria per 2-1 all'andata (le finali si giocavano in due match all'epoca), gli azzurri pareggiarono per 3-3 al Neckarstadion, dove vi erano più italiani che tedeschi sugli spalti. Reti di Alemao, Ferrara e Careca. No, Maradona non segnò. Ma lasciò il segno con i suoi assist, la sua classe, la sua leadership. A fine partita strinse in un abbraccio tutti i suoi compagni e disse qualcosa nell'orecchio al presidente Ferlaino. Gli ricordò la promessa - sempre negata dall'ingegnere negli anni successivi - di lasciarlo libero di firmare per il Marsiglia. Napoli gli stava stretta, diceva il Campione che l'affetto della gente gli toglieva il respiro. In realtà, vi erano pressioni di altro genere, quelle di organizzazioni camorristiche. Maradona e il Napoli andarono avanti ancora per poco, fino al 91, quando arrivò la squalifica per doping.

Il Mattino raccontò quel trionfo in differita, nell'edizione del 19 maggio. Perché i tipografi avevano deciso di scioperare nel giorno della partita. E, quando il giornale tornò in edicola, il direttore Pasquale Nonno chiese scusa ai lettori e si disse «avvilito» per quell'astensione dal lavoro, perché la vittoria di Stoccarda aveva coinvolto «larghi strati della popolazione: insomma, sappiamo che il giornale ha mancato un grande appuntamento».

Sul Mattino del 19 maggio, aperto con il titolo Più bello dello scudetto, si approfondì il tema delle divisioni all'interno del Napoli. Un anno prima, al termine del campionato vinto dal Milan dopo l'appassionante duello con gli azzurri, vi era stata la rivolta di maggio, con il comunicato letto dal portiere Garella e condiviso da tutti i suoi compagni contro l'allenatore Bianchi. Che rimase professionalmente al suo posto. Ma il rapporto con la squadra e la società era deteriorato, diciamo pure finito. E Ferlaino lo fece capire bene il giorno dopo Stoccarda - il giorno del suo cinquantottesimo compleanno - nel salone della sede di piazza dei Martiri mentre i tifosi chiedevano che si affacciasse per mostrare la Coppa Uefa: «Abbiamo vinto pur nella divisione. E adesso ci saranno dei cambiamenti». Neanche lontanamente pensava di cedere Maradona al Marsiglia (avrebbe successivamente raccontato dell'assegno in bianco di Tapie rifiutato), però sapeva che si sarebbe chiuso il rapporto con Bianchi, licenziato e rimasto disoccupato per un anno prima di trasferirsi alla Roma.

Nella prima pagina del Mattino del 19 maggio c'era un articolo dello scrittore Luigi Compagnone, che nel periodo maradoniano molto si appassionò alle vicende del Napoli, dedicato a Ciro Ferrara. Scugnizzo goleador il titolo di un pezzo sul difensore che aveva segnato il secondo gol a Stoccarda. Uno scugnizzo - precisò Compagnone - non tradizionale: «Uno scugnizzo diplomato in ragioneria e che abita in un bel palazzo di via Manzoni». Ne sottolineò la bravura, con quel gol «alla Silvio Piola», uno degli storici bomber del calcio italiano. Ma non vi fu soltanto l'omaggio, doveroso, a quel ragazzo cresciuto in fretta e bene, entrato nel gruppo della prima squadra dopo i successi nelle giovanili azzurre proprio dopo lo sbarco di Maradona. Giuseppe Pacileo, la prestigiosa firma tecnica del Mattino, raccontò la crescita della squadra, «formata da campioni e combattenti», dove emergevano la classe e contemporaneamente la fatica. Ricordò non soltanto il valore tecnico del gruppo ma anche lo spirito di ragazzi cresciuti nel vivaio: Ferrara e Antonio Carannante. Evidenziò la maturità dell'ambiente e non trascurò le situazioni spinose che vi erano all'interno del club. Vincenti e divisi, appunto.

Mimmo Carratelli, il capo di quella straordinaria redazione sportiva presente in massa a Stoccarda e impreziosita dalla penna di Pietro Gargano, scrisse nel suo editoriale: «Non è stata una meteora lo scudetto. La forza di questo Napoli è il futuro che già possiede, che lo indica sicuro protagonista per i prossimi anni: l'Europa è stata soltanto una tappa». Proprio in quelle pagine, a distanza di quasi 48 ore dall'evento più di analisi che di cronaca, risaltò la promessa di capitan Maradona nell'intervista a Bruno Buonanno: «Vinceremo ancora». Con una rassicurazione: «Ho chiarito tutto con Bianchi e con Ferlaino, diverso ora il rapporto con l'allenatore e non farei mai il nome di un altro». Perché sapeva che a fine stagione Bianchi sarebbe andato via e sperava che Ferlaino lo lasciasse partire per Marsiglia.



Un magnifico filo legò Napoli e il mondo degli emigrati tifosi azzurri, come era accaduto due anni prima, in occasione dello scudetto. Pietro Gargano raccontò La festa tutta meridionale al Neckarstadion, da lui vissuta tra la gente, con «Maradoni e Gullit dalle treccine azzurre che hanno conquistato il pubblico tedesco». Gino Giaculli firmò il reportage sulla notte di Napoli, soffermandosi sulla bella Paloma da Barcellona che venne conquistata da quella esplosione di gioia. Una gioia fatale - scrisse Gigi Di Fiore - a un sessantenne di Nocera Inferiore, Pasquale Simonetti, stroncato da un infarto. A Ponticelli la passione azzurra costò cara, invece, a un camorrista evaso dal carcere di Bari, Luigi Casella, arrestato dai poliziotti davanti al televisore durante la partita. Affidato a Paola Di Pace il focus sui festeggiamenti nelle isole e in costiera, dove napoletani e tedeschi brindarono insieme. A Milano - riferì Annibale Discepolo - si videro tifosi con sciarpe azzurre e rossonere nelle piazze. Una passione impetuosa e corretta: anche per questo abbiamo nostalgia di quei tempi. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino