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L’infezione da Covid-19 ha modificato gli stili di vita e le abitudini di tutti, entrando di prepotenza persino nelle camere da letto degli italiani, con pesanti ripercussioni sulle relazioni personali e nella sessualità di coppia. Lo confermano molti studi scientifici, fra cui uno dei più importanti condotto dall’Università di Perugia. E non solo.
«Nel mio ambulatorio, ad esempio, registro moltissimi accessi per problemi di disfunzione erettile e credo sia importante fare un po’ di chiarezza sull’argomento», dice Fabrizio Iacono, andrologo e urologo, professore associato alla Federico II di Napoli. «I motivi di questo disturbo - aggiunge - si possono ricondurre a tre “macro problematiche”: cause vascolari, endocrine o psicogene. Purtroppo, la pandemia ha accentuato le difficoltà di relazione, portando a disagio, frustrazione, ansia da contagio che nei soggetti più sensibili è esacerbata con l’insorgenza della disfunzione erettile». Di più. «Alcuni studi ancora in corso dimostrano come l’infezione da coronavirus può ledere le pareti dell’endotelio vascolare, creando delle lesioni e interrompendo l’integrità dei capillari arteriosi che costituiscono le “strade” più importanti all’interno del pene per veicolare ossigeno e far funzionare il meccanismo dell’erezione».
Un quadro clinico complesso, ma anche ricco di possibili soluzioni né invasive né dolorose.
La tecnica “inganna”, per certi versi, il nostro organismo, spingendolo a rigenerarsi. E a farlo rapidamente. Basta di norma una seduta a settimana per 8 -10 settimane e, sostengono gli addetti ai lavori, i risultati sono eccellenti. «In circa 7 pazienti su 10 l’erezione migliora in modo permanente a distanza di mesi o anni dalla fine del trattamento. Ed è possibile anche associare complessi fitoterapici che stimolano la funzionalità erettile tramite meccanismi neurotrasmettitoriali, mimano l’azione del testosterone e hanno spiccate capacità antiossidanti». Le scelte sono personalizzati. Questi trattamenti permettono infatti di eseguire quella che Iacono definisce una terapia «tailored», basata cioè sulle caratteristiche cliniche di ciascun paziente. E però. Il professore lancia un appello, rivolgendosi a tutti gli altri uomini: «Non abbandonate la prevenzione, che può essere determinate anche per individuare precocemente il carcinoma della prostata. Come per l’automobile, tutti abbiamo bisogno di fare un “tagliando” del nostro apparato urogenitale e dormire così sonni tranquilli».
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