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Ci siamo quasi, mancano sette giorni, il tempo adatto a marcare con un conto alla rovescia l'avvicinamento alla mia festa, alla vostra festa, alla nostra festa.
Trent'anni di canzoni da ricordare/celebrare «with friends», come si dice ora, nel salotto buono della città. I nomi? Qualcuno lo conoscete già - Fiorello e Amadeus - e qualcuno ve lo rivelerò strada facendo. Ci vediamo il 17 in piazza del Plebiscito e su Raiuno, ma poi anche il 18, che la voglia di fare musica dopo tutto il tempo perso per la pandemia è forte, troppo forte.
Mi godo l'attesa e anche il count down, le prove con l'orchestra, la band, il maestro Adriano Pennino, i «friends»...
Da quel teatrino alle telecamere di Raiuno, alla piazza che già mi sono tolto lo sfizio di riempire d'estate e d'inverno, di strada ne ho fatta, anzi ne abbiamo fatta. Ho sempre sentito l'affetto del pubblico come la seconda cosa, dopo il mio pianoforte, indispensabile per fare musica. Le mie canzoni non esisterebbero senza quello straordinario feedback che è sentirle cantare in coro da spettatori di tutte le età, di tutti i quartieri, di tutta Napoli.
Dopo il Covid, in piena guerra, vi prometto che mi impegnerò al massimo per distrarvi, per intrattenervi, per giocare, per divertirvi, divertendomi, si intende. È la mia festa, è la nostra festa. Chissà che vita fanno oggi i bagarini del teatro Arcobaleno di Secondigliano: se sono arrivato sin qui un po' lo devo anche a loro. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino