La direzione de «Il Mattino» è un privilegio e un impegno che si accompagnano, fino alle viscere, alla vita di una città tra le più famose del...
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L’anniversario da voi richiamato è un modo esemplare di ripercorrere un’identità che ha resistito e tuttora resiste a prove inquietanti: lo si è visto qualche giorno fa quando, per impedire il comizio di Matteo Salvini, un gruppo di antagonisti pronti alla «guerriglia urbana» si è infiltrato tra i dimostranti dando inizio a una serie di scontri perfettamente organizzati, tanto da rievocare le avvisaglie degli indimenticabili, drammatici tumulti genovesi. Dentro la furia non c’era Napoli, e neppure il suo spirito, nulla di quello scempio poteva rimandare alla desolante, paradossale immagine dei boia chi molla, persuasi che il nuovo fascismo sarebbe salito dal Sud. Ma a Napoli, dentro quel furore, c’era solo la più pericolosa irrazionalità del caos. Napoli e il Meridione erano dalla parte di chi cerca nelle diversità una democratica, responsabile relazione che unisca il Paese secondo un principio di reale uguaglianza, quella stessa, virgiliana, che doveva conciliare i valori, non disseminare gli egoismi e difendere le fazioni. Bossi commentando l’accaduto, pare abbia detto: «Per tre voti guadagnati al Sud! E perderne chissà quanti al Nord!». Ma in ben altre forme occorrerà interpretare ciò che sta accadendo addirittura nel mondo. Il 125° anno de «Il Mattino», il quotidiano che per la complessità del suo territorio d’elezione ha conosciuto, più di altri, i travagli delle lontananze e persino delle separazioni, mi ricorda la più propulsiva delle spinte, quella vichiana, del «crescere facendo». Un bel gerundio, specie se gli aggiungi una parola nazionale: insieme. Non è più solo un simbolo. Buon lavoro, Direttore, e un franco augurio a tutti. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino