Andrea Sannino e Franco Ricciardi, il duetto: «Canzone di guerra senza mai nominarla»

Andrea Sannino e Franco Ricciardi, il duetto: «Canzone di guerra senza mai nominarla»
Se «Abbracciame» è diventata la canzone del primo lockdown, ma era nata in una temperie ben diversa e più gioiosa, «Te voglio troppo bene»,...

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Se «Abbracciame» è diventata la canzone del primo lockdown, ma era nata in una temperie ben diversa e più gioiosa, «Te voglio troppo bene», il nuovo singolo, e videoclip (regia di Luciano Filangieri), di Andrea Sannino in uscita domani, è invece decisamente figlia del dramma che attanaglia questi giorni, la guerra in Ucraina. «Mi erano rimaste in testa quelle immagini, forse di un altro conflitto, forse usate per condire delle fake news, ma comunque purtroppo realissime oltre che verosimilissime, in cui un padre abbracciava i figli prima di andare al fronte», racconta il cantante: «Da tempo volevo fare un duetto con Franco Ricciardi e, così, ci siamo messi con lui ed i miei autori, Mauro e Antonio Spenillo, e, lavorando su due accordi, e senza mai nominare la parola guerra, troppo pesante per stare in una canzone, è nato il pezzo».

«Io vado a pelle, il ritornello che faceva Vita mia, vita mia, te voglio troppo bene, te voglio troppo bene mi ricordava 'O surdato nnammurato così ho scritto di getto la strofa sul mio terrazzo, quasi fosse un sequel», ricorda Ricciardi, che duetta anche il brano, vicino al suo sound urban. «Non poteva non essere così, volevo entrare nel mondo di Franco, tenere insieme il mio afflato melodico con la sua voce, il suo graffio. Lui è più grande di me, ma sembra più giovane, ha la capacità di sintonizzarsi con i tempi che attraversa senza mai rinunciare ad essere se stesso», commenta Andrea.

Il saluto straziante del soldato - «russo, ucraino, napoletano, neozelandese: non facciamo differenza, anche se naturalmente oggi è chiaro chi è l'invasore e chi l'invaso», spiegano in due in coro - ai figli davvero guarda al brano del 1915, prima guerra mondiale, testo di Aniello Califano musicato da Enrico Cannio. «Nessun paragone, sia chiaro, quello è un capolavoro troppo spesso tradito trasformandolo in una tarantella gioiosa, in un inno calcistico. L'unico paragone possibile sta nel dramma dell'addio per un conflitto, insensato come sono tutti i conflitti».

C'è un treno che separa figli e padre, come nelle immagini dei tg, come in tanti film strappalacrime. «Mille luci s'appicciano ncielo, song' lacrime e nun song' stelle», i versi parlano di bombardamenti, ma non lo dicono, «nelle canzoni certe parole sono difficili da dire, meglio evocarle». 

Il brano sarà nel prossimo album di Sannino, in uscita a novembre: «Non aspettatevi che sia questo il mio suono, anzi non aspettatevi proprio niente, perché è un disco vario, simile alla mia altalena d'umore nei giorni della pandemia. Un giorno mi svegliavo bello tonico e preparavo le pizze per tutti, un altro mi chiudevo nel mio studio depresso più che mai. Qui non ci sono brani depressi o deprimenti, ma pezzi uno molto diverso dall'altro. Un duetto con Peppe Barra, un altro con Mario Biondi... Non so ancora come chiamarlo». 

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Il Mattino