Django, il ritorno dell'antieroe su Sky: «Il western è una favola nera»

Regista dei primi quattro episodi e direttrice artistica del progetto è Francesca Comencini.

Django, il ritorno dell'antieroe su Sky
C'era una volta Django, il leggendario vendicatore solitario degli spaghetti western. C'era una volta e c'è ancora, ma rivisitato e corretto secondo lo spirito...

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C'era una volta Django, il leggendario vendicatore solitario degli spaghetti western. C'era una volta e c'è ancora, ma rivisitato e corretto secondo lo spirito del nostro tempo nella nuova serie Sky Original in dieci episodi, in onda da venerdì prossimo in esclusiva su Sky e in streaming su Now. Regista dei primi quattro episodi (gli altri sono affidati a David Evans e Enrico Maria Artale) e direttrice artistica del progetto è Francesca Comencini. «Ci siamo lanciati in una bella follia con gran parte del gruppo di Gomorra, la serie» dice, «ci siamo voluti misurare con un genere mitico con l'audacia e la libertà di raccontare attraverso il western il mondo che ci circonda, con i conflitti, le contraddizioni, le paure e le speranze di oggi».

Al centro della storia un reduce dalla guerra di Secessione tormentato dal passato e in cerca di vendetta, Julian Wright, per tutti Django, pistolero infallibile ed ex colono che ha perso moglie e figli negli anni feroci della guerra. Il suo arrivo a New Babylon, la città che accoglie tutti senza badare al colore della pelle e all'identità, fondata dal soldato afroamericano John Ellis e dalla giovane Sarah, che salvò da bambina, è l'innesco necessario all'azione. Perché Sarah, in realtà, è la figlia di Django scampata al massacro della sua famiglia, nel tempo è diventata la levatrice del villaggio, si è innamorata di John e vuole sposarlo. A farle da contraltare, la spietata signora di Elmdale, Elizabeth, la sorellastra di John Ellis, ossessionata dalla fede e decisa a sterminare New Babylon, covo di peccatori e sentina di tutti i mali. La lega a John un inquietante rapporto di odio e amore che avrà non poche conseguenze.

Perché il western torna sempre di moda, Comencini? «Perché è una cornice fiabesca, nera, che ci consente di parlare delle nostre paure e di esorcizzarle, proprio come hanno fatto i grandi maestri italiani degli anni Settanta. Sono cresciuta con Leone, Corbucci, Morricone, i loro film, le loro musiche mi hanno fatto sentire anarchica, ribelle, piena di vita. Questa serie si connette alla tradizione di irriverenza e libertà del western all'italiana, ma naturalmente non osa imitarla. È una saga familiare radicata sulla figura del padre, un antieroe in crisi, ferito, che cerca la sua seconda occasione».

Prodotta da Cattleya e Atlantique Productions per Sky e Canal+, in collaborazione con Studiocanal e Odeon Fiction, la serie è stata girata in inglese e annovera nel cast il protagonista Matthias Schoenaerts, Nicholas Pinnock, Lisa Vicari, Noomi Rapace, e tra gli italiani, Vinicio Marchioni, Thomas Trabacchi e Manuel Agnelli, all'esordio sul set nei panni di un petroliere. In più, ciliegina sulla torta, la partecipazione straordinaria di Franco Nero, il mitico Django di Corbucci, già celebrato da Tarantino in «Django Unchained», qui in un ruolo inedito. Gli sceneggiatori Fasoli e Ravagli spiegano di aver attinto, tra le fonti, anche dal diario della predicatrice ed ex prostituta Sarah Crosby e dai molti diari scritti dai cowboy durante le transumanze con il bestiame, «viaggi lunghi dodici mesi pieni di situazioni borderline nelle quali la natura umana emergeva nella sua complessità, a prescindere dal sesso». In questa atmosfera si inserisce il bacio fluido che si scambiano Django e suo cognato Elijah? «Nessuna forzatura, leggendo quei diari si capisce che la frontiera era un laboratorio anche nei costumi». Aggiunge Francesca Comencini: «La serie affronta azioni che scardinano l'ordine costituito, parla del ruolo delle donne, della diversità, dell'inclusività, abbracciando una serie di paure che ancora ci attraversano. L'umanità è stata sempre composta dalla pluralità, metterla in una cornice in costume consente di raccontarla come un universale». E Niels Hartman, Executive Vice President di Sky Studios: «Django è drammaticamente attuale, spazia dal tema della follia di una guerra mai finita a quello dell'integrazione razziale su un impianto di rapporti psicologici molto contemporanei». 

Cos'è rimasto, per Comencini, del vecchio Django? «Il fango, i colori lividi di quei western sono stati una fonte di ispirazione». Ma per Franco Nero, che ora interpreta un reverendo con un passato da medico, «Django, come il western, non muore mai. E a me piacerebbe tornare a interpretarlo anche da anziano. La sceneggiatura è già pronta». 

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Il Mattino