Festival di Cannes 2023, rischio proteste contro Macron

Chiara Mastroianni stasera aprirà da madrina il Festival della 76esima edizione

Cannes si prepara per il festival
Sulla locandina ufficiale Catherine Deneuve sorride in bianco e nero sul set del film «La chamade». È il 1968, anno di grandi rivoluzioni. Nel Palazzo del...

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Sulla locandina ufficiale Catherine Deneuve sorride in bianco e nero sul set del film «La chamade». È il 1968, anno di grandi rivoluzioni. Nel Palazzo del cinema sua figlia Chiara Mastroianni stasera aprirà da madrina il Festival della 76esima edizione, quella del grande rilancio dopo gli anni difficili della pandemia. Cartellone ricco di venerati maestri e giovani promesse, grandi ritorni (due su tutti: Harrison Ford/Indiana Jones e Martin Scorsese) e sorprese annunciate, vecchia Europa e resto del mondo, scoperte cinefile ed eventi glamour: in un gigantismo impermeabile alle mode, Cannes rivendica il suo primato mirando a rinsaldare i rapporti con l'industria hollywoodiana e con gli sterminati mercati asiatici e africani. E guarda avanti.

Sotto una pioggia quasi autunnale si srotolano i tappeti rossi e si transennano le strade intorno al Palais. Imponenti le misure di sicurezza, perché sul red carpet, assieme ai divi, quest'anno potrebbero arrivare i manifestanti: contro la riforma delle pensioni che da settimane infiamma la Francia, contro il cambiamento climatico, contro la guerra in Ucraina. Motivi per protestare, insomma, ce ne sono abbastanza. Il delegato generale Thierry Frémaux minimizza e confida nel dialogo tra istituzioni e parti sociali, ma avverte: «Per due settimane Cannes diventa l'ombelico del mondo, una ribalta per tutti». Quindi, allerta massima. Più di ogni cosa si teme un possibile blackout, una paventata interruzione della corrente elettrica che faccia piombare il Festival nel buio. Intanto venerdì, davanti al Carlton, il quartier generale del Festival rimesso a nuovo dopo due anni di restauri, si sono dati appuntamento i sindacati in lotta seguiti a ruota dai cineasti attivisti e solidali. Qualcosa accadrà.

Il filo conduttore di questa edizione, ha spiegato Frémaux, sarà «il dialogo tra le generazioni» e anche la giuria guidata dallo svedese Rubén Ostlund due volte Palma d'oro, formata da tanti artisti emergenti, «è irregolare, inconsueta, giovane». Tra loro non c'è nessun italiano. In compenso, i film italiani in concorso sono tre, e non accadeva da molti anni, girati da registi amatissimi in Francia: Nanni Moretti con «Il sol dell'avvenire», già in sala con ottimi risultati, Marco Bellocchio con «Rapito», la storia del bambino ebreo Edgardo Mortara sottratto alla famiglia dal Vaticano, e Alice Rohrwacher con «La chimera», ambientato tra i tombaroli della Tuscia negli anni Ottanta con l'ex principe Carlo di «The Crown», Josh O'Connor, protagonista. Frémaux parla di un «cinema resistente» a dispetto della crisi che investe le nostre sale: «È paradossale che il governo non lo sostenga come meriterebbe. Il modello francese funziona ed è anche merito dell'azione politica, invece in Italia non accade ed è un peccato, così la crisi delle sale non si risolverà mai. Il cinema italiano è forte ma anche estremamente fragile e andrebbe protetto».

Si comincia con i fuochi d'artificio, con il ritorno in grande spolvero di Johnny Depp uscito indenne dal processo per molestie che gli aveva intentato l'ex moglie Amber Heard. Nei panni di Luigi XV, lo vedremo incipriato e imparruccato in «Jeanne du Barry» accanto alla regista e attrice Maïwenn. Nessun imbarazzo dopo il caso mediatico che lo ha investito? «Nessuno» assicura il delegato generale, «è stato assolto e io ho preso il film dopo la risoluzione giudiziaria. A me Depp interessa come attore». Con Maïwenn sono sette le registe in concorso quest'anno, un vero record: «Il Festival è testimone di un tempo in cui lo sguardo femminile illumina tutte le arti, non solo il cinema» continua Frémaux lasciandosi definitivamente alle spalle le polemiche sollevate dal collettivo femminista 50/50 sulle pari opportunità nell'arte che in passato lo aveva accusato di misoginia. «Da qui partirà una nuova generazione di cinema, giovane, tutta la selezione è orientata ai nuovi talenti pur affiancati da maestri assoluti come Scorsese, Bellocchio, Wenders, Loach, Kaurismaki e tanti altri».

Oggi intanto la Palma d'oro d'onore andrà a Michael Douglas, un veterano del cinema mainstream con un grande futuro dietro le spalle. Nel nome della sostenibilità, infine, il mitico red carpet è stato ridimensionato, anzi tagliato della metà, con un risparmio di 1400 chili di moquette. Non sarà risolutivo, ma da qualcosa bisognerà pur cominciare. 

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Il Mattino