Il Festival di Napoli era già andato in trasferta, nel 1967, ad esempio, passò per Sorrento e per Ischia, ma con finale a Napoli. Quella diciottesima edizione, dal...
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Insomma, era un tentativo di recuperare il tempo perduto, la centralità perduta, probabilmente però era già tardi. All'inizio ne vennero fuori belle canzoni, anche se l'organizzazione, le giurie, l'influenza politica laurina e democristiana furono sempre al centro di polemiche. Nel 52 vinsero Nilla Pizzi e Franco Ricci con «Desiderio e sole», quarta fu «Sciummo»; nel 56 si affermò «Guaglione», l'anno dopo «Malinconico autunno» davanti a «Lazzarella», nel 58 «Vurria» seguito da «Tuppe tuppe mariscia'», nel 59 «Sarrà chi sa» con piazzamenti per «Vieneme nzuonno» e «Cerasella»... Poi, poco da notare: l'accoppiata vincente ModugnoVanoni di «Tu si' na cosa grande» (64), il secondo posto di «'A pizza» con il tandem Fierro-Gaber (66), «Core spezzato» (68). I tempi stavano cambiando, ma cantaNapoli faticava ad accorgersene, quel piccolo mondo antico che era stato voce della città aperta si era fatto conservatore, se non reazionario. Le canzoni erano maschiliste ed incapaci di intercettare il nuovo ruolo che la donna pretendeva, anche nelle canzoni, anche nell'amore, anche nelle canzoni d'amore. E i suoni si trovavano impreparati alla svolta beat e poi a quella cantautorale.
In quell'estate 1970 il favorito giocava in casa: Peppino Di Capri aveva scritto con Mimmo Di Francia «Me chiamme ammore» (arrangiamento di Tony Iglio) ed era in coppia con un Gianni Nazzaro bellissimo, come ricordano le ragazze dell'epoca. Il palco era montato sulle scale della chiesa, presentava Daniele Piombi, con Gloria Christian ed Enzo Berri nel ruolo del presentatore dei presentatori. Tra gli ospiti - Carlo Dapporto, Antonella Steni, Enrico Simonetti, Alberto Lupo, Pietro De Vico - c'erano anche The Showmen, i primi alfieri di quel neapolitan power che il festivàl non seppe/volle intercettare. Il verdetto della vigilia fu rispettato, la canzone è rimasta, Peppino ancora oggi la intona al momento dei bis con la sua melodia canaglia. Più inatteso il secondo posto, che andò alla trascurabilissima «'O divorzio» divisa da Franco Franchi e un'esuberantissima Angela Luce: l'argomento era divisivo, la parola del titolo fu espunta dal testo, la censura fece il suo corso, ma anche da grancassa promozionale. Dietro restò, tra le altre, «Chitarra rossa» (Mario Merola e Mirna Doris).
Di Capri ricorda la vittoria con un aneddoto curioso: «Mio padre era molto severo, la notte della finale tornai a casa felice per dire a lui e a mamma: Avete visto che bella cosa che ho fatto? Ho vinto. Lui mi rispose secco: Eh. Stessa risposta, stessa soddisfazione, mi diede quando poi vinsi a Sanremo».
La diciannovesima edizione del Festivàl doveva tornare a Napoli, dall'1 al 3 luglio 1971, al teatro Mediterraneo, ma... la Rai «ritirò» le tecamere per «motivi di ordine pubblico». Che cosa era successo? Alcuni autori, anche prestigiosi (De Crescenzo, Aterrano) protestavano, persino con uno sciopero della fame, per l'esclusione delle loro canzoni denunciando la commissione selezionatrice e presentando un esposto al sostituto procuratore della Repubblica Krogh. Mamma Rai decise che era troppo, il dado era tratto, il Rubicone varcato, le luci su cantaNapoli si erano spente, poco importa che in gara Di Capri portasse «Frennesia» e Sergio Bruni «'Na bruna». Un avviso di garanzia colpì gli organizzatori, poi assolti, una maledizione colpì cantaNapoli, incapace di reagire al colpo, di riprendersi, di accorgersi che Pino Daniele stava per scrivere «Napule è» e Sergio Bruni «Carmela» (entrambe del 1976), che serviva un atto di contrizione e di rilancio, di scommessa sul futuro. Mille e mille, anche recenti, tentativi di rilancio e/o imitazione della kermesse non riuscirono a tornare al centro dell'attenzione, né a imporre successi.
Cinquant'anni dopo di quel piccolo mondo antico è rimasto poco, pochissimi protagonisti oltre al vincitore Peppino Di Capri, pochissimi brani in repertorio. Le nostalgie non servono, ma storicizzare quel periodo e comprenderne luci e ombre, per riaccendere le prime ed evitare le seconde sì. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino