Da un progetto risalente ai racconti di Piovene nasce «Bella e perduta» di Pietro Marcello, estrosa fiaba contemporanea che, grazie anche alla forte impronta del...
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La metafora portante del Pulcinella (Vitolo) inviato nella Campania dei giorni nostri per esaudire le ultime volontà del pastore Tommaso, che si prendeva cura della splendida residenza borbonica lungamente abbandonata al degrado (ma in seguito recuperata con la coraggiosa collaborazione dell'ex ministro Bray e in qualche modo restituita ai cittadini) ha richiesto uno stile temerario, in bilico tra l'ascetismo sperimentale e il compiacimento poetico-autoriale (le musiche che alternano Respighi e Nino D'Angelo), il riferimento nazional-popolare (il bufalotto parlante e lacrimoso che Pulcinella vorrebbe salvare dalla funesta sorte assegnata ai maschi della specie si chiama Sarchiapone in omaggio alla «Cantata dei pastori») e il sussidio etnografico (gli inserti degli spezzoni filmati delle antiche tradizioni pastorizie locali).
Gli autori sovrappongono, così, una lettura politica sommaria (lo sfacelo della Terra di lavoro e il giogo della camorra sarebbero colpa dell'industrializzazione degli ultimi cinquant'anni) a un'altra ben più efficace mitico-simbolica, in cui Pulcinella perde l'immortalità quando si toglie la maschera, recuperando un'amara quanto necessaria consapevolezza.
Il Mattino