L'ultimo suo album di inediti risale al 1995, si intitolava «Ranieri», e conteneva un pezzo come «La vestaglia», tra brani di Artegiani, Marrocchi e...
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Il disco, insomma, può aspettare, anche perché un ritorno del genere ha bisogno di tempo da dedicargli in promozione: Massimo è ancora scottato da quello che successe nell'ormai lontano 1988, quando trionfò a Sanremo con «Perdere l'amore», ma gli impegni teatrali gli impedirono di portare il pezzo, e l'album che lo conteneva, in giro per l'Italia.
Nell'attesa che «Il gabbiano» apra le sue ali, atterri e lasci spazio all'attore di tornare cantante, la notizia dell'inedito di Pino Daniele acquista un particolare interesse alla vigilia dell'anniversario della sua scomparsa: domani saranno quattro anni. Il pezzo in questione è, spiega Ranieri, «Core fujente», «utilizzato da Enzo D'Alò per Opopomoz, il suo cartoon natalizio del 2003, ma mai pubblicato su cd».
La genesi del pezzo, una chicca melodica tenera e verace, è interessante. La prima stesura risale al 1985, l'anno di «Ferryboat», ma gli mancava una parte del testo. Accantonato, il brano rimase in un cassetto, dimenticato, ma nemmeno troppo, tanto che spuntò fuori quasi vent'anni dopo, nella fase di progettazione di «Passi d'autore», il progetto neomadrigalista del cantautore. Finalmente completata, la canzone non era però in linea con quel lavoro ispirato da Gesualdo da Venosa e fu girata a D'Alò, per cui il Nero a Metà compose l'intera colonna sonora: il cartoon era una favola natalizia ambientata a Napoli, con due ragazzini che capitavano dentro il presepe e finivano per combattere con Satana in persona.
Nella versione finora conosciuta, riascoltabile solo su YouTube, il pezzo durava due minuti o poco più, ricalcando in parte i versi di «Core», una poesia di Pino pubblicata nel suo libro autobiografico Storie e poesie di una mascalzone latino, scritto nel 1994 (Pironti editore): «Core core, ancora/ core ca nun se ferma maje/ ca sbatte sempre mmiezz' e guaje/ Core ca nun tene padrone/ ra quanne tu nun ce staje cchiù/ Core fujente/ E si na stella mo' caresse/ proprije stanotte mbracce a me/ o desiderio è sempe o stess'/ o desiderio e te vede'/ pure sultanto na vota sola/ Pe chist ammor' ca' nun ce sta cchiù/ Pe chist ammor'... fujente».
Arrangiato, come tutto il disco, dal fido Mauro Pagani, «Core fujente» manterrà nella versione di Ranieri il suo respiro corto, la sua misura originale: «Mi ero chiesto come allungarlo», racconta l'ex violinista della Pfm, dal 2001 («Oggi o dimane») produttore discografico del cantattore napoletano. «Avevo immaginato un duetto, in modo da affiancare il testo in dialetto alla sua traduzione in napoletano, ma appena ascoltata la registrazione di Massimo ho capito che, come sempre, aveva ragione Daniele, era un pezzo bello così: corto, delicato, discreto, come un cuore fuggente appunto. L'ho arrangiato per chitarra, archi, un pizzico di batteria». E Avitabile che suona il saxello, strumento di sua invenzione a metà strada tra il sassofono e la ciaramella.
Per ascoltare il brano, e l'album tutto, bisognerà aspettare l'uscita del disco, ancora da programmare, visto che le repliche de «Il gabbiano» andranno avanti sino ad aprile, per poi lasciare spazio sino a maggio inoltrato a una ripresa del tour dei record, «Sogno e son desto 400». Ora, per Massimo c'è solo Cechov. Sta provando in una sorta di sala parrocchiale romana, in zona Tiburtina. L'1 gennaio, reduce dalla diretta di Capodanno di Raiuno che gli aveva affidato il compito di traghettare il pubblico nel 2019, appena tornato da Matera ha ripreso il lavoro sul testo. Stakanovista come sempre. Core fujente sì, ma non dalle tavole del palcoscenico. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino