L'Italia piange Piero Angela, il più amato: «Ho fatto la mia parte, ora tocca a voi»

L'Italia piange Piero Angela, il più amato: «Ho fatto la mia parte, ora tocca a voi»
Il pubblico lo amava perché per la televisione italiana generalista Piero Angela ha rappresentato un ideale d'uomo ben diverso dal tipo dominante: un gentiluomo educato...

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Il pubblico lo amava perché per la televisione italiana generalista Piero Angela ha rappresentato un ideale d'uomo ben diverso dal tipo dominante: un gentiluomo educato e serio, competente, illuminista, onesto, appassionato, cordiale ma schivo, forgiato dalla disciplina sabauda ricevuta dal padre, medico antifascista, che lo educò alla razionalità e alla tolleranza. Come sentenziò Enzo Biagi: «Il colera passa, Gava resta. Se ne vanno sempre i migliori». E uno dei migliori ci ha lasciati. Piero è morto ieri nella sua casa romana. Aveva 93 anni. La camera adente sarà allestita martedì in Campidoglio. Seguiranno i funerali laici, in sintonia con il suo agnosticismo.

L'annuncio via web del figlio d'arte Alberto non tradisce la riservatezza di famiglia: «Buon viaggio, papà»; ma, presagendo la fine, Piero stesso aveva già scritto un personale addio sul canale social di «Superquark»: «Cari amici, mi spiace non essere più con voi dopo 70 anni assieme. Ma anche la natura ha i suoi ritmi. Sono stati anni per me molto stimolanti, che mi hanno portato a conoscere il mondo e la natura umana. Soprattutto, ho avuto la fortuna di conoscere gente che mi ha aiutato a realizzare quello che ogni uomo vorrebbe scoprire. Grazie alla scienza e a un metodo che permette di affrontare i problemi in modo razionale, ma al tempo stesso umano. Malgrado una lunga malattia, sono riuscito a portare a termine tutte le mie trasmissioni e i miei progetti (persino una piccola soddisfazione: un disco di jazz al pianoforte...».

Giornalista, divulgatore scientifico, scrittore, autore e conduttore televisivo, pianista jazz, scacchista, Piero ha aiutato gli italiani a passare dalla «cultura della caciotta» a quella della scienza. Fu egli stesso a usare queste parole presentando il suo «Quark», in onda dal 18 marzo '81, il format di divulgazione scientifica più longevo della nostra tv, ricco di copiosa filiazione: gli Speciali, «Il mondo di Quark», «Quark in pillole», «Quark economia», «L'enciclopedia di Quark», «Quark estate»; «Quark atlante»; infine, «Superquark», che ne prese il posto; merito del direttore di Raiuno Brando Giordani, che gli chiese un «programma forte», in grado di protrarsi fino al Tg notte, per contrastare l'invadenza di Mediaset. «Nel cosmo alla ricerca della vita»; «La macchina per pensare»; «Oceani»; «La sfida del secolo»; «Perché dobbiamo fare più figli»; «A cosa serve la politica?»; «Dietro le quinte della Storia»; «La vita quotidiana attraverso il tempo»; «Viaggio dentro la mente: conoscere il cervello per tenerlo in forma»; «Tredici miliardi di anni. Il romanzo dell'universo; «Gli occhi della Gioconda»; «Il pianeta dei dinosauri» (ben prima di «Jurassic Park»); poi «Ulisse» assieme al figlio.

Preistoria, Storia, passato, futuro, fisica, biologia, medicina, antropologia, astronomia, viaggi nel corpo umano: spaziando tra le scienze sull'onda di un rassicurante positivismo, Angela ha avvicinato gli italiani ai segreti della vita e delle civiltà, apparendo anche in forma di ologramma. I segni della sua popolarità sono emblematici: 12 lauree honoris causa; una trentina di libri, con tre milioni di copie vendute in Italia e all'estero; persino un personaggio del settimanale Topolino che lo evoca (Piero Papera). Il suo nome è stato attribuito a un nuovo asteroide e a un mollusco gasteropode del Mar della Cina; quanto alle onorificenze, basta citare quelle di Grande ufficiale e di Cavaliere di gran croce dell'Ordine al merito della Repubblica Italiana.

E dire che Piero era nato per fare il pianista jazz. Suonava nei locali di Torino, dove nacque il 22 dicembre '28. A sette anni lo misero al pianoforte. Il jazz divenne presto la sua passione. Nel '48, ventenne, si esibiva con lo pseudonimo di Peter Angela. Era amico del chitarrista Franco Cerri, amava lo swing di Natalino Otto. E a «Che tempo che fa», nel dicembre 2018, si dedicò «As Time goes by», concedendosi un dono pubblico per il suo 90° compleanno. Fu l'assunzione in Rai nel 52 a strapparlo dalla carriera di musicista. Cominciò come cronista radiofonico, passò al tg con l'avvento della tv. Fu uno dei suoi padri costituenti e, bisogna dirlo, anche un mezzobusto (ma dei migliori): il primo, assieme ad Andrea Barbato, a condurre l'edizione delle 13.30; il primo a inaugurare il Tg2. Poi, corrispondente a Parigi e a Bruxelles; inviato in Vietnam. Nel'68 ecco la svolta, nel solco dell'amato Rossellini: un documentario, «Il futuro nello spazio», sul programma spaziale Apollo.

Da allora, il suo interesse si piegò verso la divulgazione. Predicava: «Quello che a me sembra giusto si faccia è di puntare alla più alta soglia dei contenuti con la più semplice soglia di linguaggio. È in quel varco che possono entrare pubblici numerosi e diversi». E un nuovo linguaggio televisivo, grazie a lui, prese forma.

Angela lascia in eredità una preziosa lezione di vita e lavoro, di passione e disciplina; e un figlio che segue il suo sentiero, assecondato dalla stesa vocazione, spinto dai medesimi valori. Ma c'è di più. Al di là di quelli divulgativi, il maggior merito di Piero (e ora di Alberto) è quello di aver dimostrato agli scettici, con i dati di audience alla mano, che la cultura può attrarre folle, se ben comunicata. Angela va annoverato tra i rari giusti d'Italia, così come il papà è tra quelli d'Israele, per aver salvato alcuni ebrei dai nazisti. Della propria carriera parlò egli stesso a «Superquark», il mese corso: «Se è vero che la regina Elisabetta ha festeggiato il suo Giubileo... dobbiamo dire che anche noi, molto più modestamente, festeggiamo 70 anni. Io, in particolare, arrivo a un dato preciso. Sono 70 anni che lavoro ininterrottamente per la Rai». Come nessuno, Angela ha incarnato lo spirito del servizio pubblico, quello che la Rai espresse nei primi decenni di vita, quando «assorbì e insieme dettò i tempi di una nazione» (Aldo Grasso). C'è un però: la fede assoluta nella scienza come metodo non gli ha permesso di guardare oltre; di intuire che, al di là della realtà materiale, altro c'è, verificabile non nei laboratori ufficiali, bensì in quelli interiori di ogni individuo. Le polemiche seguite alla sua «Indagine sulla parapsicologia» e la denuncia di due associazioni omeopatiche ne sono testimonianza. Il giudice lo assolse dalle accuse.

L'Italia, oggi, deve soltanto ringraziarlo. Senza di lui sarebbe ancora peggiore di quel che è. E Piero lo sapeva se, concludendo il proprio addio sui social, ha scritto: «Penso di aver fatto la mia parte. Cercate di fare anche voi la vostra per questo nostro difficile Paese».
 

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Il Mattino