Sarà anche roba jurassica parlare di dischi al tempo della morte del disco, ma a qualcuno la notizia farà piacere. Dopo il cofanetto antologico «Quando»,...
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«Gli album di mio padre sono progetti e documenti figli del loro tempo, sono letture e interpretazioni del mondo in cui sono nati, quello piccolo, che l'artista aveva intorno e quello più grande e generale a cui l'artista sentiva di appartenere. Sono cronaca, autobiografia, racconto, osservazione. Sono musica e parole, speranza e delusione, ritmo e melodia», riflette Alex Daniele, sempre più impegnato nei progetti di difesa, valorizzazione e rilancio del repertorio paterno.
Riascoltato nella versione rimasterizzata, il repertorio del periodo Warner è un viaggio in una creatività effervescente, multiforme, capace di non restare prigioniera nemmeno di se stessa. Si inizia con «Vai mo'», all'apice della stagione con il supergruppo newpolitano: Rino Zurzolo al basso e contrabasso, Tullio De Piscopo alla batteria, Tony Esposito alle percussioni, Joe Amoruso alle tastiere. Un disco, epocale, nel sound molto neapolitan blues, nel groove, nelle melodie dolenti, nelle ammissioni di sconfitta, personale e generazionale, che in qualche modo spuntano tra versi che sanno che «il personale è politico», e che non tutto sta andando per il meglio. In scaletta «Yes I know my way», «Notte che se ne va», «Sulo pe' parla'», «Ma che ho», «Haye you seen my shoes». Solo un anno dopo, nel 1982, arriva «Bella briana», con l'apertura ai suoni del mondo anni prima della world music e l'arrivo di partner internazionali del calibro di Wayne Shorter e Alphonso Johnson. «Musicante» del 1984 è un capolavoro verace, delicato, con Nanà Vasconcelos ad aprire nuovi orizzonti sonici. «Sciò» è lo strepitoso doppio live del 1984, il primo della carriera del musicista, una scoppiettante sezione di fiati cubana ad aggiungere colore ai muscoli dell'ultima stagione del neapolitan power. «Ferryboat» del 1985, infatti, si allontana sempre di più da quanto di esaltante fatto finora, non si accontenta di aver inventato una nuova canzone napoletana, le radici nella melodia e le ali nel ritmo rock-blues, ma cerca altri approdi sonori, invitando a corte Mino Cinelu, Richard Tee, Steve Gadd, ma soprattutto Gato Barbieri. In quel solco, due anni dopo, si iscrive l'arab rock di «Bonne soirée» con il sax di Mel Collis, e, continuando la stagione made in Formia «Schizzichea with love» (88), realizzato da solo con Bruno Iliano, come «Mascalzone latino» (89). «Un uomo in blues» (91) ritrova il grande successo commerciale con «'O scarrafone» e la polemica con la Lega Nord; «Sotto o sole» (ancora 91) lancia la troisiana «Quando», «Che dio ti benedica» (93) ammicca al mercato pop e sfonda in classifica, ma, nello stesso tempo, chiama in campo Chick Corea e Ralph Towner. «Non calpestare i fiori nel deserto» (95) torna a guardare all'Africa, ma sempre puntando sulla forma canzone e la sua confezione, tra Irene Grandi e Jovanotti. In sintonia «Dimmi cosa succede sulla terra» (97), con Giorgia e Raiz, e «Come un gelato all'equatore» (99), il disco meno riuscito, ma non certo il meno venduto, dell'intera discografia.
A quel punto, nel 2001 arriverà «Medina», una nuova svolta etnica e una nuova casa discografica. Ma, soprattutto - l'ultimo tris di pubblicazioni è annunciato per il 25 maggio - sarà tempo di badare a «Pino è»: i biglietti sono già in vendita, il cast è ancora segreto e il 7 giugno ormai alle porte.
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Il Mattino