Casertana, stavolta è finita: confermata l'esclusione dalla C

Casertana, stavolta è finita: confermata l'esclusione dalla C
Tutto come previsto. Il Consiglio federale riunitosi ieri ha confermato i pareri della Covisoc ed escluso al Casertana dalla serie C. Insieme ai falchetti, fuori anche Paganese,...

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Tutto come previsto. Il Consiglio federale riunitosi ieri ha confermato i pareri della Covisoc ed escluso al Casertana dalla serie C. Insieme ai falchetti, fuori anche Paganese, Novara, Carpi e Sambenedettese oltre al Chievo in serie B.

Non c'erano speranze, serviva un miracolo, fondato sul nulla di documenti depositati in ritardo: il termine per presentare la fideiussione (28 giugno) era perentorio, improrogabile e la Casertana quel documento non lo presentò in tempo. Inevitabile l'esclusione dal campionato di serie C. Incredibile, in un contesto societario che aveva sempre fatto della gestione finanziaria del club la sua medaglia al valore. Bilanci sani, pagamenti regolari credibilità in Lega. D'Agostino aveva sempre enunciato questi concetti nel raccontare la sua linea presidenziale.

E seppure con qualche clamoroso e poco elegante inciampo (ritardato pagamento degli stipendi ai calciatori nella stagione 2019-2020, situazione debitoria incrementata al bilancio 2020) alla fine ci era pure riuscito. Negli ultimi mesi, grazie all'accesso al piano di ristrutturazione del debito e ad esborsi personali, il presidente aveva preparato la Casertana ad esporsi finanziariamente, per la sua quota, in ottica della costruzione del nuovo stadio. Azzerati praticamente i debiti scaduti (erano 2,8 milioni a dicembre ora sono poco più di 140mila euro, grazie al pagamento in sei mesi di oltre 400mila euro per la realizzazione del campo in sintetico) rateizzato i restanti 1,2 milioni di sospeso verso l'erario, la Casertana era tornata società finanziariamente quasi inappuntabile. Poi l'inaspettato crollo, la clamorosa caduta, la mancata presentazione della fideiussione entro il 28 giugno e l'inevitabile esclusione dalla C. Il minimo adempimento richiedibile ad un presidente di calcio, l'iscrizione della squadra al campionato di competenza, non è stato assolto.

Inefficienza, superficialità, presunzione: i tifosi si arrovellano nel tentativo di spiegare un così clamoroso e inatteso risvolto, sofferenti per aver perso quel professionismo rincorso attraverso 22 anni di mortificazione nei campionati dilettantistici. D'Agostino, pesantemente danneggiato dalla perdita della categoria, sia in termini economici che di immagine, sembra avere un'altra versione. E pur consapevole di aver commesso qualche errore, spera di poter dimostrare che aveva fatto tutto il possibile per evitare questo crollo, doloroso innanzitutto per la città e per la tifoseria, ma doloroso anche per lui. Chi è causa del suo mal pianga se stesso. Il patron però, da quanto filtra da fonti vicino alla società, non è convinto di avere tutte le colpe. Proverà a dimostrarlo nei tribunali, prima sportivi, poi civili, forte, pare, di prove cartacee. Verrano discusse, le sue motivazioni, a fine luglio, dinanzi al Collegio di Garanzia del Coni: poi Tar e Consiglio di stato se necessario. Comunque vada, il futuro sportivo è a tinte fosche.



Un compianto dirigente della Casertana che fu, nel suo simpatico dialetto diceva, a volte malinconico «'O pallone s'è schiattato». Il pallone è scoppiato: così è, a Caserta, almeno nel prossimo futuro. Perché comunque vada, in qualunque categoria e con qualunque nome la squadra giocherà, la prossima stagione è già segnata. Nell'ipotesi puramente scolastica in cui D'Agostino dovesse recuperare la C per i capelli, sarebbe tutto da rifare sul piano sportivo. In caso di serie D, con il presidente attuale (ma la piazza gli è avversa in maniera sembra irreparabile) o con una nuova società, il gap temporale di programmazione sarebbe quasi incolmabile. Tocca al sindaco Marino traghettare il calcio casertano fino al prossimo campionato di serie D, scegliere a chi affidare il futuro della squadra. Bisogna far presto: ogni giorno che passa è un ulteriore avvicinarsi a mortificazioni sportive che i tifosi non avrebbero voluto mai tornare a subire. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino