Nella sua casa torinese il tempo passa tra accelerazioni rabbiose sul tapis roulant, un corso on line in gestione dello sport organizzato dal Barcellona e tanta solidarietà...
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Apertura invece sull'altro tema caldo, ovvero la riduzione degli ingaggi. «Ci siamo parlati e capiamo la situazione dei proprietari dei club: quando finirà l'emergenza tutti ci avremo rimesso qualcosa - spiega Rincon -. Noi giocatori siamo disponibili a parlare con il presidente e venire incontro alla società: si dovrà trovare una soluzione consensuale. Bisogna parlarsi, capire se si gioca o no: in serie B molti ragazzi non guadagnano così tanto». Nella situazione surreale dettata dall'isolamento contro la pandemia, il centrocampista granata ammette di essere tra quelli che si possono «lamentare di meno». Per questo ha voluto aiutare chi se la sta passando male, aprendo una raccolta fondi con lo slogan 'Combattiamo insiemè. Un aiuto concreto all'Italia, il suo Paese d'adozione. Nella testa, ma soprattutto nel cuore, non può però non avere anche il Venezuela. «Alla gente del mio Paese dico di stare a casa, perché il coronavirus non può proprio essere sottovalutato. Purtroppo, anche alla luce della crisi economica, cominciano a mancare delle cose e c'è il rischio che le persone si muovano. In questi giorni penso a chi ha perso il lavoro: non voglio parlare della situazione politica venezuelana, anche se stiamo passando l'era più difficile della nostra storia recente. Ma il virus è arrivato e questo aggrava la crisi, che è sotto gli occhi di tutti ed è oggettiva. La gente sta a casa, non lavora, manca la luce: le due cose sommate rendono tutto più difficile».
Parla con orgoglio del suo Venezuela, «ricco di cultura, fatto di uomini colti e grandi leader, come Simon Bolivar.
Il Mattino