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La giornata di De Laurentiis è gonfia di cattiverie e il presidente del Napoli è costretto a navigarci, a immergersi dentro come se fosse il mare, quasi un elemento naturale per quanto odioso. Gli striscioni, gli insulti, le parolacce non sono ancora un ricordo. E la ferita brucia.
De Laurentiis è amareggiato. C’è qualcosa che va ben al di là dei risultati: è chiaro che il popolo dello stadio attendeva da tempo al varco il padrone del club azzurro nonostante negli ultimi 4 anni non sia mai sceso sotto il quinto posto. Una sensazione, ovvio, ma tutto era già scritto. «È una delle poche cose che funziona in questa città il mio Napoli», ripete spesso (e forse non ha torto) De Laurentiis, un po’ indispettito quando le cose non vanno come dice lui. Eppure, ogni volta che può, De Laurentiis parla della città di Napoli con amore smisurato. Ogni volta che si aggira per la Sala Caruso dell’hotel Vesuvio mostra ai suoi ospiti le bellezze del golfo come se fosse una guida turistica. Ripete sempre: «È il posto più bello del mondo». Eppure Napoli - una parte di Napoli - non lo ama. E lo ama ancora di meno dopo che quest’estate non ha fatto gli investimenti che il popolo azzurro pretendeva.
E il pubblico ha espresso domenica tutto il suo sentimento, il suo risentimento, verso il presidente del Napoli. Perché i tifosi hanno memoria, questo è il guaio. Qualcuno era a Folgarida quando De Laurentiis in versione one show man, ripeteva a chiare lettere che «lo scudetto quest’anno me lo gioco senza se e senza ma». I «se e i ma» che invece Benitez ha più volte usato per pararsi dalle tensioni e dalle aspettative. Un boomerang. Ed ora paga quella sua esposizione mediatica. Frutto del suo amore per il Napoli. Oppure delle troppa fiducia nei confronti di Benitez. Certo, siamo alla seconda giornata, e fa impressione questo clima da Inquisizione che regna in città. Come se già ci trovassimo di fronte a un fallimento. Sicuri che i giochi siano già fatti?
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