Chiesa, quel magnifico inaffidabile: è lui l'arma Champions di Pirlo

Chiesa, quel magnifico inaffidabile: è lui l'arma Champions di Pirlo
Appare fumoso, effimero, al limite dell'ornamento, ma poi spesso i suoi dribbling risolvono le partite. Perché serpeggia come pochi, a volte inutilmente, altre no, e...

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Appare fumoso, effimero, al limite dell'ornamento, ma poi spesso i suoi dribbling risolvono le partite. Perché serpeggia come pochi, a volte inutilmente, altre no, e nel secondo caso diventa l'uomo in più che come i tergicristalli va a destra e poi a sinistra e poi di nuovo a destra e sinistra in un moto dribblante apre spazi e occasioni e chiude ai desideri di fermarlo. È quello che accade a Lorenzo Insigne e Elseid Hysaj quando Federico Chiesa col pallone inchiodato al piede li salta d'emblée ed ensemble, oplà, poi serve basso Cristiano Ronaldo che la gira alle spalle di Meret. La capacità di slalomeggiare di Chiesa è nota, come è nota la sua capacità di tuffarsi o il suo polemizzare inutile, tanto che per molti è un calciatore che cammina sulla linea del bluff. Le sue stagioni, per ora, dicono che è capace di dribblare in corsa, di accelerare zigzagando come pochi, e poi di smarrirsi nell'ultimo metro dell'area. È uno degli inaffidabili, una variante, uno che corre tanto, scarta di lato cadendo tantissimo, che tira ancora maluccio in porta, ma diverse volte in questa stagione ha salvato la barba di Andrea Pirlo e le sue idee confuse di allenatore.

L'inaffidabilità di Chiesa è la sua forza, è l'improvviso per area di rigore, il calciatore che può creare accessi inaspettati mandando all'aria le difese, uno che entra, non bussa, ma sfonda, e qualche volta segna pure, molte altre fa segnare, spesso si perde. Il punto è proprio questo: da che parte si guarda Chiesa? Intanto ha regalato i tre punti alla Juventus per restare in corsa Champions, è probabile che se cresce dal lato giusto delle intenzioni regali anche a Roberto Mancini dei momenti di magia, degli improvvisi per fascia laterale prima dell'immissione in area con evidenti conseguenze per la difesa avversaria. Quella del Napoli non l'ha visto quasi mai, e lui ha vinto la partita. L'unico a vederlo è stato Hirving Lozano che lo ha scalciato, ma fuori dal campo, con i piedi fuori dall'area di rigore, facendo urlare di rabbia Nedved. Sembrava l'unico modo per tenerlo a bada: portarlo fuori e scalciarlo, sperando che si fermasse. Ma quando è in serata vivace, Chiesa, è difficilissimo da tenere in quiete, perché taglia il campo col pallone, serpigno, rendendo ogni suo movimento l'attualità del gioco. Mettendo una distanza vertiginosa tra sé, il suo calcio seppure con molti errori d'esuberanza e gli altri.

È stato l'uomo in più di Pirlo, della sua grigia Juventus, capace di affondare senza dissolversi, di scendere e riscendere senza sparire, a cominciare dalla sequenza che ha portato al gol del vantaggio, una libera eruzione di talento, con un dribbling che ha ricordato quelli di Signori, con spazi larghi per l'indugio che porta all'inganno, perché dentro una finta c'è sempre una bugia scambiata per verità dall'avversario chiamato a marcare, una allusione verso un lato prima di prendere l'altro, è quello che ha fatto Chiesa, complicandosi ammirevolmente le cose. È in questi momenti e in questi dribbling che Chiesa pare essere all'altezza delle aspettative e del prezzo pagato dalla Juventus per staccarlo dalla Fiorentina. Quando sembra un'ape, quando si ferma in aria col pallone prima di scartare e fuggire da un lato, quello che non ti aspetti, esattamente come una ala novecentesca che accende cuori e regala l'attimo fuori dagli schemi, l'altra possibilità di pallone ingoiata dalle statistiche, il movimento inatteso che esce dagli schemi e se ne va ad aprire una probabilità, l'esatto momento in cui il calcio ritrova la sua essenza, e il calciatore segnala lo spessore e la densità della sua tecnica. 

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Il Mattino