Spartak Mosca-Napoli, Maradona e quelle notti a Mosca senza genio

Spartak Mosca-Napoli, Maradona e quelle notti a Mosca senza genio
Il sorteggio di Europa League ha fatto venire il batticuore a chi c'era quella notte a Mosca. Dopo 31 anni il Napoli va a Mosca - 24 novembre - per affrontare lo Spartak...

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Il sorteggio di Europa League ha fatto venire il batticuore a chi c'era quella notte a Mosca. Dopo 31 anni il Napoli va a Mosca - 24 novembre - per affrontare lo Spartak Mosca, stavolta nel girone di Europa League e non nella partita di ritorno del turno di Coppa dei Campioni come accadde il 7 novembre del 1990. Quando c'era ancora Diego.

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Maradona fu il protagonista di quella notte, anzi di quelle notti. Il Napoli fu eliminato dallo Spartak Mosca ai rigori ma, in fondo, questo rappresentò un dettaglio rispetto a quanto accadde dal 5 al 7 novembre. Furono i tre giorni che segnarono la fine del rapporto tra il club e Diego, ormai schiavo della cocaina. Lunedì 5 novembre non partì con la squadra proprio perché era strafatto e chiuso nel bagno dell'appartamento di via Scipione Capece. Ciro Ferrara ha ricordato nel suo libro “Ho visto Diego e dico 'o vero” l'infelice esito di quella missione con altri compagni di squadra: Claudia, la moglie di Maradona, disse agli amici - c'erano anche Crippa e De Napoli - che non c'era niente da fare e li rispedì in aeroporto, dove gli altri azzurri li attendevano per decollare. Senza Diego. Che poi si riprese dal torpore e decise di volare il giorno dopo a Mosca, anche se il direttore generale Moggi lo aveva avvisato: «Chi non parte non gioca».

E Diego giocò dopo ore particolari a Mosca, con quella passeggiata nei pressi della Piazza Rossa dove i militari lo riconobbero e gli consentirono di visitarla anche se era chiusa al pubblico in attesa della parata militare del 7 novembre. Giocò gli ultimi minuti dei tempi regolamentari e dei supplementari, segnò su rigore. Tutto inutile. Il Napoli non passò il turno, altro capitolo della stagione del declino di Maradona e della squadra, ormai alle ultime pagine del suo ciclo più bello e più vincente. A fine marzo, dunque dopo quattro mesi, sarebbe arrivata la squalifica per doping del Capitano e la sua fuga da Napoli. 

Chi c'era ricorda la fibrillazione nell'hall del lussuoso Hotel Savoy e la rassegnazione dei dirigenti, del tecnico Bigon, dei giocatori. Era come se il Napoli masochisticamente tentasse di adeguarsi a quella situazione. Lo faceva da tempo, peraltro, da quando Ferlaino aveva respinto la richiesta di Diego di cederlo al Marsiglia dopo la vittoria della Coppa Uefa nella primavera dell'89. Magari, se l'offerta fosse stata accettata, la squadra non avrebbe vinto il secondo scudetto e Maradona sarebbe uscito dalla droga, ma la controprova non c'è stata. Di quella notte chi c'era ricorda anche la telefonata da una cabina dell'hotel del vicepresidente Gianni Punzo ai familiari. Si origliò questa frase: «Maradona non c'è, le solite cose». Le solite cose, sì. Quelle che avevano distrutto la vita di Diego.

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Il Mattino