L’essenza della questione in un tweet. Quello che Pepe Reina ha scritto di suo pugno negli spogliatoi di Verona, una risposta nemmeno tanto indiretta alla filippica...
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Senza parole a fine match. Ci ha pensato il solito Reina perché tutto sommato un cinguettio è perdonabile, l’intervista no. Poche parole perché lo impone la legge dei social e poi perché i leader non parlano molto. Diciamo che sanno cogliere il momento giusto. La guida spirituale degli azzurri e re indiscusso dei network ha risposto a De Laurentiis che in maniera perentoria ha ottenuto quello che forse era il suo reale obiettivo: ricompattare il gruppo dopo la sconfitta di Madrid.
Lo ha fatto più di tutti il portiere spagnolo con un semplice gesto, il più scontato ma pure il più immediato: andare al cuore dei compagni, dell’allenatore e dei tifosi. Sempre uniti e vincenti, proprio come contro il Chievo, partita sulla carta tostissima dal punto di vista psicologico perché immediatamente successiva ai fatti di Madrid. Un segnale forte, un messaggio di tenerezza nei confronti di un allenatore costretto in questo momento a fare soltanto da bersaglio. È facile immaginare come abbiano commentato gli azzurri le esternazioni di De Laurentiis e quanto spontaneo sia stato per loro compattarsi intorno al proprio tecnico. Sotto l’ala protettrice di Pepe, la squadra ha fatto gruppo, s’è dimostrata solida, ha subìto il silenzio stampa ma ha espresso comunque un’opinione, che è quella partorita dal tweet del leader maximo.
Chissà come l’avrà presa il presidente. Magari con un sorriso, consapevole di aver fatto centro con la strategia delle parole, volontarie o involontarie che siano. Di sicuro non si sarà meravigliato nel leggere la firma di Reina in calce al messaggio: lui lo chiama «il sindacalista» perché è sempre Pepe a trattare direttamente con la società le questioni dello spogliatoio. Su tutte, i premi da fissare a inizio stagione in caso di vittorie o di piazzamenti Champions. Anche Sarri gli deve tanto, è stato lui il primo acquisto della sua gestione tecnica quando il numero uno decise di lasciare il mondo dorato della Bundesliga e del Bayern Monaco.
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Il Mattino