Napoli, a La Spezia hanno creduto di aver visto la freccia Bolt

Napoli, a La Spezia hanno creduto di aver visto la freccia Bolt
La Spezia giurano d’aver visto i cento metri camuffati da un contropiede, dice quello era Bolt: stessa pelle, stesse gambe, i piedi forse no, perché Osimhen ha due...

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La Spezia giurano d’aver visto i cento metri camuffati da un contropiede, dice quello era Bolt: stessa pelle, stesse gambe, i piedi forse no, perché Osimhen ha due sci che lo fanno scendere in picchiata verso l’area di rigore. Insomma, quanti sport stanno in quel corpo d’attaccante?

E dove trova il tempo per essere pigro e distratto come un calciatore da bar – sì, di Lagos – e rovinarsi il primo campionato italiano, perché senza i suoi inciampi, o chiamateli cross alla rogna, avremmo già uno da contrapporre a Lukaku, uno da immaginare d’essere comprato dalla Juve, perché così finisce sempre quando il Napoli trova qualcuno che vede la porta troppo spesso. Ma per ora, complici le volontarie distrazioni dal proprio talento, le acerbità da lasciare su questi campi, Osimhen è l’uomo che porta il Napoli in Champions League, certo, c’è da tenere duro e vincere per tutto maggio per avere un posto in prima classe nel calcio europeo che conta, ma intanto lui la mette in porta, e la passa addirittura a Lozano, in un gesto d’altruismo che sa di Telethon d’area di rigore, assurdo di questi tempi.

Uno strano tipo d’attaccante, una anima da rissa che sembra slava e gli fa rischiare la cassa integrazione ogni volta, una verve polemica – in che lingua poi – da ateniese che ha letto il Marcuse, un bluff, e per il resto poi, però, c’è l’istinto che lo spinge a inquadrare, e sempre meglio, la porta, e allora il caratteraccio può anche aspettare. Quando c’è il gol, c’è tutto. Due poi, e con un assist per un altro gol, eh beh allora, impossibile lamentarsi. Vai Osimhen, spara e sbaglia, segna e passa, segna e poi si vede, e per il resto c’è l’estate che comincia quando Zielinski lo lancia d’esterno verso la porta di Provedel e lui trasforma il campo in una pista d’atletica portandosi dietro il pallone e lo stile da ghepardo, imprendibili: lui, il pallone e il ghepardo. Il secondo gol è sempre questione di rapidità, istinto felino e lentezza della difesa spezzina: Insigne gli disegna una piscina nell’area dove lui si tuffa e tutto da solo stoppa e inchioda il pallone alle spalle di Provedel, che può solo dispiacersi. Parentesi su Vincenzo Italiano e quelli come lui, i testardi delle difese a minigonna: se da una parte non cambiare nemmeno davanti a uno come Osimhen è da coraggio d’Ettore che sa ed esce a battersi con Achille, dall’altra disegna tutti i limiti di un calcio bello ma incapace di un piano B e quindi inadatto a certi obiettivi. Ma tutti i pensieri della partita iniziano e finiscono dalla testa ai piedi di Osimhen, e vanno alla sua conquista dell’attacco napoletano.

Sono il prequel di quello che potremmo vedere l’anno prossimo, lavorando molto su di lui, sulla sua crescita, trasformando quello che per ora è un fisico bestiale con molto istinto in un calciatore che non si spreca e in un atleta vero – cosa che oggi non è. Invece è sicuramente un attaccante generoso capace di correre e guardare al centro un compagno – Lozano – meglio piazzato e con una alta percentuale di sicurezza del gol. Il suo assist è una assicurazione, uno che fa un passaggio così non può essere un cattivo calciatore, perché ha cuore, e anche se da un attaccante il calcio si aspetta sempre un assolutismo senza cedimenti, gli attaccanti così poi vanno in paradiso quando gli si restringe la porta, perché ritrovano tutti gli assist fatti, i gol ceduti agli altri, le possibilità condivise. Ricapitolando: il Napoli si trova finalmente un attaccante con un futuro, che gli sta permettendo di recuperare una stagione con una grande ombra in mezzo e troppi esperimenti, e forse gli consegnerà anche l’accesso in Champions, non è poco.

 

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Il Mattino