È nella partite dove tutto è già deciso, che l'attaccante può giocare tranquillo e sbagliare, adagiarsi e tentare quello che gli pare o quasi,...
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Mancano i gol di Mertens, mancano le sue invenzioni, i suoi dribbling, i tiri, e il suo veleno. Questa contro lo Zurigo era una partita senza domande, da giocare con una allegra ostinazione che portasse alla liberazione, al ritorno del gol, ma Mertens non c'è riuscito. Un paio di volte ha avuto una di quelle occasioni che trasformava semplice, in scioltezza, i suoi tocchi d'esterno su cross da dietro, o una spizzata d'irruenza per i passaggi laterali, ma nulla. È anche vero che manca il Mertens a muso duro, quello sfrontato attaccante inventato da Maurizio Sarri che in queste settimane se la passa anche peggio quasi una trovata da cinema neorealista, un trucco arrangiato che diventa grande trovata, solo che ora è nella condizione di aver assaggiato la bellezza dei tanti gol, e di non saper più starsene sul lato a mandare in porta gli altri, insomma è un calciatore diviso che non riesce più bene in nessuno dei due ruoli.
Per quello del passato, l'esterno dribblomane, è richiesta una gregarietà che ha perduto; e per quello del presente o quasi, l'attaccante: mancano i gol. Dries Mertens non segna da cinquantaquattro giorni, e quello che è anche peggio è come gioca: a spizzichi e bocconi, qualche lampo soprattutto come rifinitore ma in assenza di quella volubilità e di quella velocità che gli permetteva di liberarsi dalle marcature e segnare con un solo gesto. Era tutto nella sua rapidità, il resto era applicazione, cose che ora sono sparite. Vediamo un calciatore stanco prima nella testa e poi nel corpo, al quale manca un tempo di gioco, anche se non la volontà, ma è una volontà di seconda categoria. Mancano i suoi piedi, e di conseguenza i suoi gol. Si muove, ci prova, va a cercare le palle, ma poi come le pistole che trovava Massimo Troisi in sogno, non sparano, o se sparano sono deboli colpi. E lui non s'ingrugna nemmeno, sorride e vaga, mellifluo, vaga e riprova, ma poi o manca il pallone o non riesce a sporcarlo. Gli mancano velocità e determinazione, e a scorrere le partite del Napoli si nota la voragine aperta dalla sua mancanza di gol. E in quella voragine tortuosissima come un onirico labirinto borgesiano si sentono le eco dei suoi gol impossibili, si vede la flessibilità delle sue caviglie, si respira la forza enorme della sua fame, ma sono riverberi, perché l'oggi è un tentativo sterile, che tormenta squadra e tifosi. Tutti si chiedono dove sia finito il suo istrionismo, la sua spietatezza sotto porta, la capacità di prevaricare su difensori e portieri, quasi che avesse un bonus di bellezza e gol, ormai esaurito, che ora lo ha riportato nei ranghi, in un percorso al contrario che dal centro dell'area lo vede spostarsi sulla fascia e poi sedersi in panchina. C'è da sperare che questa sia una brutta parentesi, una caduta fisica, dopo stagioni di grandi sforzi e salti e trasformazioni, solo un lungo attimo speso a riprendere fiato, prima di rimettersi a segnare, prima del rientro a pieno ritmo nella macina dei gol, con la stessa esuberanza, anzi con una maggiore, volta a scavalcare se stesso, la sua bella metamorfosi e non una mesta chiusura dell'avventura nell'area di rigore.
La partita con lo Zurigo appariva perfetta per una ripartenza, ma Dries Mertens ne ha ricavato poco, e con lui anche Lorenzo Insigne altro involuto nelle ultime settimane e persino Arek Milik che, però, appare sempre come quello che ci prova con più convinzione. Mertens lima, ticchetta, ronza, un lavorio da ape, ma il risultato per ora non è quello aspettato, c'è tutto uno svolazzare senza posarsi, un tentare senza riuscire, che comincia a pesare. Quello che prima era un apportatore di scompiglio nelle aree di rigore, ora è un conformista che fa quello che difensori e portieri si aspettano e che, infatti, anticipano, prevedono e disinnescano. Tanto che viene da chiedersi dove sia finita la creatività anticonformista che lo portava a cercare e a fare l'impossibile pure di segnare, ora tutti quei tentativi appaiono sgonfiati, rallentati, debolissimi. Bisogna augurarsi che ritrovi ferocia, che provi ad andare oltre se stesso e a rimettersi a cercare il gol con un atteggiamento diverso, perché vederlo giocare così fa male. Vederlo spuntato mancare il dialogo con la porta fa dispiacere. Vorremmo rivederlo agitato, elettrico e decisivo, che, inavvertito dai suoi marcatori, appare e segna, o che dribbla e trova gli angoli, con traiettorie esterne alle mani dei portieri e interne alla gioia.
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Il Mattino