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Niente da fare, Ulisse non riesce a tornare nella sua Itaca. Sarebbe stata la sua partita, quella con il Sassuolo, il club dove Giacomo Raspadori è diventato uomo e che lo ha ceduto questa estate per 35 milioni di euro. E invece, no. Almeno 50 giorni di stop. Forse, qualcosa di meno anche perché non si possono correre rischi accelerando i tempi di recupero. Dunque, tornerà ad aprile. Ed è una mazzata non solo per Spalletti ma anche per Roberto Mancini: perché Raspa è uno dei gioielli su cui puntava per il rilancio dell'Italia nelle qualificazioni agli Europei. Con l'esordio, il 23 marzo, proprio al Maradona con l'Inghilterra. Niente da fare: tornerà dopo la sosta, il 2 aprile. Almeno 7 partite saltate. Nel momento chiave della stagione. Jack non ha bisogno di attendere l'esito della tac: era chiaro da subito al talentino emiliano che si era ficcato in un brutto guaio. Non era un dolore banale quello che ha accusato nell'allenamento e che ha spinto il dottor Canonico a fermarlo subito, senza complicare il danno al muscolo. E così ieri, dopo la visita nella clinica Pineta Grande, ha solo salutato la squadra che stava per partire per Reggio Emilia. Ha scosso il capo e ha spiegato che il recupero non sarà breve. L'abbraccio dei compagni, di Osimhen e di Simeone, in primis, conferma il legame del gruppo. E sulla chat, per tutto il giorno, l'unico argomento erano gli auguri a Jack. Per Raspa, è il gioco del destino: lo stop arriva a poche ore dal suo ritorno nel suo piccolo mondo, dove è cresciuto. La diagnosi è severa. «Gli esami strumentali effettuati hanno evidenziato una distrazione di secondo grado del muscolo semimembranoso della coscia sinistra. L'attaccante azzurro ha già iniziato l'iter riabilitativo e verrà rivalutato nelle prossime settimane». I tempi di recupero sono lunghi. C'è poco da sorridere per Spalletti ma anche per il ct Mancini: la sua Nazionale si è aggrappata ai gol e alle magie di Raspadori in autunno.
Quando parla, sembra davvero il primo della classe. Una specia di secchione. Il Cholito Simeone fa impressione quando si racconta.
Il Mattino