Medicina, dal Sud la fuga dei migliori: gli specializzandi emigrano al Nord

Medicina, dal Sud la fuga dei migliori: gli specializzandi emigrano al Nord
di Maria Pirro
Mercoledì 15 Aprile 2015, 08:54 - Ultimo agg. 27 Aprile, 16:10
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Si dice che in amore vince chi fugge. In medicina fugge chi vince. Almeno al Sud chi può scappa: i giovani aspiranti chirurghi hanno già fatto le valigie, sono emigrati subito dopo la laurea, spezzando ogni speranza di accorciare il divario in questa Italia a due velocità. A distanza di 5 mesi dalle prove di ingresso, già al centro di ricorsi e polemiche, le scuole di specializzazione, in particolare nel Meridione, non sono ancora al completo, e le nuove matricole sono ammesse con voti sempre più bassi. «Il rischio è che si creino università di eccellenza, frequentate da allievi brillanti, e università ghetto, concentrate prevalentemente nel Mezzogiorno», lancia l’allarme il presidente dell’Ordine dei medici di Napoli, Silvestro Scotti, citando i dati inediti raccolti in uno studio.

Con la riforma varata nel 2014, i migliori professionisti per la prima volta hanno avuto accesso alla scuola attraverso un’unica porta, che è stata regolata da una graduatoria nazionale: 12.168 candidati per 5.504 borse di studio, da novembre sono entrati anzitutto i più preparati al test, chiamati a scegliere tra le 54 sedi accademiche; e i napoletani in gran numero hanno preferito trasferirsi, rinunciando alla più comoda soluzione sotto casa. Il 30 per cento, secondo una stima preliminare. Una nuova fuga di cervelli. Per studiare oftalmologia, ad esempio, un terzo si è trasferito, la metà al Nord; per gastroenterologia, addirittura un laureato su due è andato fuori regione, quasi la totalità al Nord. Il risultato è che i giovani medici che hanno avuto punteggi più bassi oggi devono «accontentarsi» delle opzioni rimaste e alla Federico II i posti ancora vacanti sono 20, alla Seconda Università di Napoli se ne contano 21 (dato aggiornato alla scorsa settimana).

«Il sistema di opzione lascia per troppo tempo la situazione in bilico» afferma Silvestro Canonico, presidente della scuola di medicina della Sun, che segnala anche il «problema delle rinunce in tutta Italia», di cui già 8 a Napoli. «Le 3 alla Sun non hanno precedenti» aggiunge. «E il sistema non prevede che l’Ateneo recuperi il budget per riassegnarlo.

Ogni contratto rescisso, che ha un valore di 100mila euro, corrisponde a una opportunità mancata. È una perdita enorme». Solo per Napoli, si parla di un tesoretto di circa 800mila euro.

Per Luigi Califano, presidente della scuola di medicina della Federico II, anche questo «fallimento» è causato, almeno in parte, dalle nuove regole di ingaggio. «Negli anni precedenti, veniva valutato il curriculum, la tesi di laurea e le pubblicazioni attinenti alla scuola prescelta. Con il concorso nazionale, tanto invocato perché si riteneva potesse determinare una valutazione più oggettiva, tutto è stato lasciato alla soluzione dei quiz». Ed è accaduto, avvisa Califano, «che i più portati per la chirurgia siano entrati in scuole a indirizzo clinico e viceversa, ed è probabile che alla prossima occasione tenteranno il passaggio facendo perdere ulteriori borse già assegnate».

Altri dubbi sono sollevati nello studio realizzato dallo sportello giovani dell'Ordine dei medici Napoli: gli stessi partecipanti al concorso hanno ricostruito le graduatorie attraverso i propri account, in attesa che siano disponibili report ufficiali. «Tra le Università che, per prime, hanno esaurito i posti, ci sono il San Raffaele di Milano e la Cattolica del Sacro Cuore» dice il consigliere dell'Ordine, Pierino Di Silverio. La sede più ambita è risultata al nord, il 48% delle volte, al centro, il 42. «Numerosi laureati in Campania, il 30% in media, con punte del 40, si sono spostati altrove» spiega Camilla Russo, nel team della ricerca. «Ma il sistema è talmente complesso, per effetto di opzioni multiple, che è difficile dare una spiegazione» precisa Canonico, mentre Califano afferma con orgoglio: «Le capacità professionali e didattiche dei docenti di Napoli non sono inferiori a quelle di Milano o Torino. Forse lì le risorse a disposizione possono essere maggiori e quindi nella formazione le opportunità». Ma colpisce di più, sottolinea Scotti, «che il sistema crea in qualche modo una offerta formativa differenziale nel Paese».

Nello studio, si fa notare che «il 94% delle volte la sede con punteggio di ingresso più basso si trova al Sud. Con Sassari, Palermo e Napoli (Federico II e Sun) come fanalino di coda». La spiegazione è duplice: è «una nota di demerito per le scuole del Mezzogiorno, spesso malviste o poco considerate, ma anche conseguenza del fatto che regioni come Campania e Sardegna hanno messo a disposizione un elevato numero di borse regionali, rendendo di fatto più semplice l’accesso». Invece, in Veneto e Trentino le borse in aggiunta a quelle statali sono state destinate ai residenti. «Una disparità di trattamento» accusa Di Silverio. «È stato un errore non imporre le stesse regole» sostiene Scotti, sperando in «un prossimo bando più equo». Non bastasse, Canonico indica questo risvolto: «Il rischio di perdere i fondi europei destinati alle borse di studio regionali. Per la Sun io ho firmato come garante, con gli amministrativi e le segretarie, sto facendo i salti mortali per coprire anzitutto questi posti».

Oltre alle difficoltà d’inserimento degli specializzandi a lezioni già iniziate e alla previsione di dover moltiplicare le sedute di esame, le graduatorie concatenate, a scorrimento fino a esaurimento, hanno già portato anche a un effetto domino in Campania, «con ripercussioni sul concorso di medicina generale perché tutte le date sono state sfalsate» aggiunge Di Silverio. «Ma se gli studenti più preparati optano per le stesse sedi, al Nord, e, per di più, i nostri laureati preferiscono spostarsi, nel corso degli anni è facile prevedere anche una riduzione di investimenti nelle Università ritenute di minore efficacia» avvisa Scotti, che teme anzitutto l'aumentare del divario nord-sud, «per effetto di scelte non sempre legate a una reale conoscenza della qualità delle scuole».

Resta l'incognita dei 300 candidati non ammessi che hanno fatto ricorso al Tar del Lazio. «Il ministero deve dare una risposta per le coperture economiche» dice Canonico. E il prossimo bando, promesso entro febbraio e ancora atteso, è già finito al centro di altre polemiche. Da chiarire anche come far convivere nuovo e vecchio ordinamento e le scelte dei ragazzi chiamati a optare tra l’uno o l’altro percorso formativo. «Ma se si ritiene che le realtà del Sud siano inferiori è necessario investire per migliorarle» incalza Canonico. «Questo dovrebbe essere l'obiettivo dell'Italia tutta, perché siamo ancora una nazione».