Aste e truffe, nuova pista dell'Antimafia:
spunta il giro di polizze assicurative

Aste e truffe, nuova pista dell'Antimafia: spunta il giro di polizze assicurative
di Gianni Colucci
Domenica 15 Novembre 2020, 14:00
4 Minuti di Lettura

Dalle aste giudiziarie alle truffe alle assicurazioni, passando per il racket e la penetrazione nelle pubbliche amministrazioni. Sono i capitoli di un lavoro ancora in corso (che incrocia continuamente anche il filone dello scambio elettorale politico mafioso) sul clan Partenio 2.0. Lo stanno facendo i carabinieri del nucleo investigativo del comando provinciale e gli uomini della Guardia di Finanza. Si tratta di mettere insieme i pezzi di una attività investigativa lunga due anni è che è sfociata in due processi in fase di avvio e nel blitz dell'altra settimana che ha portato a quattordici arresti.

Proprio la fase di indagine successiva all'ultimo blitz corroborata da nuovi interrogatori apre ulteriori scenari. Come va verificato tutto il lavoro che si sta sviluppando sul filone delle truffe alle assicurazioni.

Sono alcune delle vittime del racket che hanno dichiarato, di essere state costrette a sottoscrivere dichiarazioni in bianco utilizzate per un giro di denunce, poi risultate false relative a incidenti stradali.

Ad ogni asta c'è un copione che si ripete, chi vuole rientrare in possesso del bene deve pagare un aggio all'associazione.

E la liquidità passa attraverso al stipula di un mutuo bancario, o presso una finanziaria, in diversi casi il finanziamento viene basato su falsi presupposti. 

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Il finanziamento diretto da parte del clan viene garantito anche attraverso altre modalità. Come quella della firma di una polizza assicurativa a titolo gratuito.

Apparentemente beneficiari delle polizze, gli usurati, in realtà si limitano a firmare mandati in bianco ad una rete di periti (medici o tecnici di infortunistica stradale) che effettuano perizie fasulle, sono poi gli avvocati che inoltrano le richieste di risarcimento a nome degli usurati.

L'accordo prevede cinque denunce false, ma spesso si moltiplicano per dieci e il ricattato può ben poco. Si trova nel mezzo di un processo come denunciante e se si scopre la truffa ne paga le conseguenze.

Se l'usurato non dispone di mezzi per accedere al finanziamento a tassi che superano il 100 per cento della cifra concessa, viene proposto il metodo alternativo della polizza assicurativa. Il patto è quello di partecipare a quattro-cinque truffe. Un rischio minimo che consente però all'usurato di restituire almeno parte del debito contratto con il rappresentante del clan.

In sostanza - dice il boss - se non hai i soldi per pagare il pizzo ti impegni a fare la denuncia di un falso infortunio. I soldi che devi dare tu li sgancia l'assicurazione. In due anni, a partire dal 2018, almeno dieci denunce sono state presentate in procura.

Di diverso tenore il tipo di danno denunciato: si va dal danno fisico temporaneo che impedisce il lavoro, fino al classico danno causato ad un mezzo di proprietà dalla buca stradale.

Si tratta spesso della richiesta di liquidazione di lesioni personali, danni fisici lievi che sono guaribili in una ventina di giorni senza conseguenze. Senza strascichi fisici. Il medico certifica la lesione, la malattia, il pregiudizio momentaneo che impedisce il lavoro, di qui scatta il tariffario che copre la malattia. Più tradizionale è il risarcimento dei danni alle cose, quando la denuncia è riferita a danni causati ad esempio dalle buche stradali ad autovetture di passaggio.

Quando si affidano agli intermediari delle aste giudiziarie, i ricattati sono indotti ad accettare come «servizio aggiuntivo» l'accensione di una polizza assicurativa.

Una polizza spesso consegnata gratuitamente all'usurato. All'atto della stipula del contratto a loro nome c'è anche la consegna della firma, un mandato ad operare che l'avvocato di turno utilizza per sottoscrivere la lettera-denuncia del sinistro alla compagnia assicurativa.

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