L'esempio dei giapponesi
è già vittoria ai Mondiali

I tifosi del Giappone ripuliscono dai rifiuti le gradinate dello stadio dopo la vittoria con la Spagna
I tifosi del Giappone ripuliscono dai rifiuti le gradinate dello stadio dopo la vittoria con la Spagna
Venerdì 2 Dicembre 2022, 11:18 - Ultimo agg. 3 Dicembre, 09:30
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«Tifosi del Giappone ripuliscono le tribune dello stadio dopo vittoria con la Spagna» (Photo Ansa, 1.12.2022, ore 22.38)
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Aldo Balestra

Non sappiamo quale sarà il risultato finale del sorprendente Giappone in questi Mondiali di calcio in Qatar. Non è questo il tema. Qui ci piace evidenziare come dai tifosi, dai calciatori, dalla popolazione del Giappone stia venendo al mondo un ulteriore esempio di buone pratiche, educazione, respect - sì, rispetto - verso tutti e tutto.

Lasciamo sullo sfondo lo stupore per la vittoria sulla Spagna, allora, e guardiamo a cosa hanno fatto (ancora) tifosi, calciatori, popolazione del Giappone anche dopo questa partita che ha segnato il passaggio agli Ottavi della squadra del Sol levante. Come era accaduto in occasione del successo con la Germania e la sconfitta con il Costa Rica, i giocatori si sono inchinati davanti ai loro tifosi e a quelli avversari: riconoscimento dell'appartenenza e della diversità. E  poi hanno lasciato (di nuovo) lindi e pinti gli spogliatoi che solitamente, dopo le partite di calcio, fanno letteralmente pena: sporchi, devastati, talvolta danneggiati. No, anche stavolta pulizia e magari un biglietto con la scritta, mica ironica, "grazie". Ho pensato ad ogni volta in cui si lasciano le stanze d'albergo come campi di battaglia perché “tanto è tutto pagato” o quando, nei buffet al ristorante, vedi prendere di tutto e di più per poi manco assaggiare e destinare al macero cibo, senza ritegno alcuno per chi non ne ha. Tanto è tutto pagato. E vedi le foto dei tifosi giapponesi a Doha: di quelli che ancora una volta hanno preso grossi bustoni ed hanno ripulito dai rifiuti le gradinate dello stadio degli sceicchi, e certo non per timore di alcunché. Ed infine, in tv scorrono le immagini dei festeggiamenti in Giappone per la qualificazione agli Ottavi: strade invase dai decine di migliaia di tifosi, baci, abbracci, mica devastazione di monumenti, simboli e negozi, niente violenze e sopraffazioni.

Il richiamo alla antica cultura del Giappone è scontato.

Ma cos'è un Mondiale di calcio se non (anche) l'occasione di lasciare al campo la possibilità di evidenziare disastri e fortune, violenze e civiltà, arretratezza ed evoluzione dei propri paesi d'origine? Come dimenticare il clamoroso gesto di coraggio dei calciatori iraniani che non cantano l'inno (qualche sospetto sulle comode repliche interpretative di altre squadre a beneficio delle telecamere lo coltiviamo), l'abbraccio e le lacrime di un giocatore iraniano con un avversario americano a fine partita, il debutto della prima donna arbitro, Stephanie Frappart, in una una gara dei mondiali. Certo la cornice resta quella di una competizione contestata e piegata al fiume di denaro che sgorga come il petrolio in Qatar, e che alla Fifa ha fatto più che comodo. In barba ad usi, modi di intendere la persona umana e i suoi diritti, soprattutto quelli della donna e del lavoro, che restano ben lontani dai parametri che conosciamo e comunque minimi.

Ma portare altri gesti, come quelli della comunità giapponese, sportiva e non, all'attenzione del mondo civilizzato, presunto tale e non civilizzato, o solo cinico e ricco, può servire ad aiutare un mondo impazzito oltre i lustrini dei Mondiali in Qatar. Tornano in mente le recenti parole di Papa Francesco, consapevole ma rivoluzionario per davvero oltre ogni evidenza: «Possa questo importante evento essere occasione di incontro e armonia tra le nazioni favorendo la fratellanza e la pace tra i popoli». Anche un inchino agli avversari, uno spogliatoio lindo e pinto, gradinate ripulite da plastica e lattine sono piccoli, grandi segni.
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«È meglio essere un guerriero in un giardino che un giardiniere in guerra». (Proverbio giapponese)

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