Il tradimento di Rita Hayworth

Venerdì 29 Marzo 2013, 16:11 - Ultimo agg. 19 Marzo, 09:08
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Calano le vendite dei libri, e calano gli anticipi degli scrittori da parte degli editori e c’è chi non se ne fa una ragione, certi bestselleristi sono peggiori dei manager: tenere conto degli altri non è di competenza. Quasi che ci fosse un legame tra alta scrittura e compensi, niente di più falso. Intanto, Newton Compton apre una nuova collana: “Live”, di libri editi e inediti a 0.99 centesimi, e i giornali si preoccupano per le modifiche enormi che subiscono le classifiche di vendita, non del fatto che la vera assente rimane la qualità se non in pochissime storie. Abbassare il prezzo del libro non è sbagliato ma bisogna anche alzare il livello della scrittura. Portare il prezzo del libro sulla soglia del nulla, significa provare a smuovere le vendite non il mercato, provare a smuovere il mercato, far parlare di sé non significa colmare il vuoto. Sono i compensi a fare grandi i libri o una politica culturale? – lontanissima da molte case editrici – Su questo, è appena uscito “L’impronta dell’editore” di Roberto Calasso, che racconta la sua Adelphi (che ha molti meriti, fosse solo averci dato Roth, Simenon, Bernhard), anche se il mio editore preferito rimane l’irraggiungibile Jorge Álvarez, protagonista di una stagione culturale argentina irripetibile con Manuel Puig, Rodolfo Walsh e Ricardo Piglia. Il libro di Calasso è scritto bene, ha un distacco aristocratico – che è la cifra della casa editrice: tra il demodé e il dandismo – e racconta in breve cinquant’anni di editoria, tocca molti temi, e soprattutto contiene eticità e moralità oltre passione e ricerca che in mezzo al panorama delle macerie italiane diventa un pantheon. 

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