Sud, eroi per caso e la sindrome della lamentela

Domenica 10 Maggio 2015, 20:53
2 Minuti di Lettura
Il più grande nemico del Sud è stato, per 150 anni, il Sud stesso. L'aspettare sempre la soluzione che arriva dall'esterno, condita della lamentela storica sulle colonizzazioni del passato.
Ciò per 150 anni ha prodotto la stagnazione.
Certo esiste anche la responsabilità del Nord e, ancora più forte, quella di Roma di aver, appunto, incoraggiato questo atteggiamento e di aver definitivamente stordito questa parte grande di un grande Paese industriale con il metadone dei finanziamenti pubblici. Finanziamenti pubblici che hanno la grave contro indicazione di tenere in vita una classe dirigente di notabili assolutamente inadeguata e che di quei finanziamenti pubblici vive. Mentre la parte migliore della società meridionale andava via.

Eppure, a questa storia si contrappongono eccezioni notevoli. Diffuse. Al punto che non esiste più IL SUD, ma tante situazioni diverse.

Università, ospedali, regioni, amministrazioni comunali in dissesto morale e finanziario; ed altre che sono riuscite, nonostante tutto, a funzionare.

Mi è capitato di averne, di nuovo, esperienza domenica scorsa. Quando mi è capitato di essere invitato al 150esimo anniversario del Liceo Giannone di Caserta dove ho studiato (e dove mi hanno - immeritatamente - premiato).

Il Liceo qualche anno fa era rimasto con tre sole sezioni, era vicinissimo alla chiusura e continuava a perdere alunni. Oggi conta sette sezioni, ha, a sua volta, accorpato un altro Liceo, ha ristrutturato gli edifici (inclusa la palestra e il campo dove nacque la squadra di basket di Caserta) e l'aula magna; la lanciato un progetto per la valorizzazione dei siti - straordinari e dimenticati - di Capua; ha avviato una collaborazione con università americane e inglesi dove sono già diversi ex allievi.

Peraltro la memoria della scuola richiama il progetto di Casati e una delle poche innovazioni positive che nel 1865 i Savoia esportarono in un Sud che era molto indietro in termini di alfabetizzazione.

Molto si deve al coraggio di una preside (la prima donna a svolgere questo ruolo) che non si fa scoraggiare dalle responsabilità anche personali che il suo ruolo comporta.

Un caso che dimostra quanto siano diverse le persone che operano nella scuola e, in generale, nell'amministrazione pubblica e quanto avremmo bisogno di sistemi che siano in grado di individuare, premiare, replicare le esperienze positive.

© RIPRODUZIONE RISERVATA