I dati Istat di ieri abbracciano l’intero territorio nazionale. Ed è altrettanto vero che non esiste una correlazione per così dire automatica tra nuovi occupati e disoccupati. Ma i numeri di novembre 2024, diffusi ieri, che certificano il calo della disoccupazione al 5,7% - il gradino più basso di sempre (con un incremento al 19,2% di quella giovanile) - rimandano inevitabilmente al contributo ormai costante del Mezzogiorno al miglioramento complessivo delle dinamiche del mercato del lavoro in Italia. Perché è al Sud che proprio l’Istat aveva registrato nel terzo trimestre 2024 il tasso di occupazione maggiore nel Paese rispetto al 2019, un aumento di 4,4 punti percentuali che ha permesso di recuperare gli oltre 400mila posti persi negli ultimi 16 anni, pur senza accorciare di molto la distanza con le altre macroaree (il 67% del Nord, ad esempio, rimane ancora molto lontano). Quel 49,1% certificato dall’Istituto di statistica, massino storico per le regioni meridionali, era stato peraltro indicato e previsto un po’ da tutti gli Osservatori economici del Sud, dalla Svimez a Srm, alla stessa Banca d’Italia sia pure con toni più sfumati, a conferma di una tendenza che da almeno due anni non ha perso colpi, nonostante il rallentamento della crescita nazionale ed europea.
Difficile, insomma, dare torto a Marco Fortis quando sottolinea, a proposito del cambio di paradigma del Mezzogiorno, che “se a livello nazionale, nel giro di due anni, i nuovi occupati hanno superato le 800mila unità, gran parte del merito va alla crescita del Sud”. Un dato che indirettamente trova conferma anche nel monitoraggio mensile delle previsioni di assunzioni da parte delle imprese manifatturiere condotto da Unioncamere e dall’Istituto Tagliacarne: proprio al Sud, isole comprese, per il mese di novembre risultava “in crescita la domanda di lavoro delle imprese (+10mila nel mese e +25mila nel trimestre), mentre nelle restanti aree territoriali si registra una flessione sia nel mese che nel trimestre”. Di sicuro, pesano gli incentivi alle assunzioni confermate dal Governo anche per il 2025, con sgravi fino al 100 per 100 per i giovani disoccupati under 35 e le donne svantaggiate dell’area, e l’impatto della Zes unica che favorisce gli investimenti e la creazione di nuove opportunità di lavoro. Inoltre, si annuncia decisivo l’impatto della Decontribuzione Sud nonostante la riduzione del taglio fiscale sul costo del lavoro dal 30% al 25% introdotta dalla legge di Bilancio: in quattro anni questa misura ha garantito circa 800mila nuovi contratti sta assunzioni e stabilizzazioni.
I dati Istat di ieri registrano per la verità una leggera contrazione su ottobre dei nuovi occupati (13mila in meno) ma il confronto con il 2023 rimane largamente positivo. Rispetto allo stesso mese di quell’anno, infatti, il numero degli occupati è cresciuto dell’1,4%, con un incremento di 328mila unità sostenuto dall’aumento dei dipendenti permanenti e degli autonomi (+108 mila), a fronte del calo dei dipendenti a termine (-280 mila). L’incremento ha interessato uomini, donne e lavoratori con più di 35 anni mentre per i giovani sotto i 35 si registra un calo. Complessivamente, il tasso di occupazione su base annua è salito di mezzo punto percentuale mentre, contestualmente, il numero di persone in cerca di lavoro è diminuito del 23,9%, con 459mila unità in meno. Sempre con riferimento al 2023, gli inattivi tra i 15 e i 64 anni sono aumentati del 2,6%, pari a 323mila unità. A novembre in Italia gli occupati si attestano a 24 milioni 65 mila unità, di cui oltre 6 milioni 300mila nel Mezzogiorno, con un tasso di occupazione stabile al 62,4%. A novembre 2024, il calo degli occupati su ottobre dello stesso anno è stato guidato dalla contrazione dei lavoratori a termine (-1,4%), mentre i dipendenti permanenti hanno registrato una crescita dello 0,2% e gli autonomi sono rimasti stabili. Su base annua, invece, l’occupazione è aumentata sia tra i dipendenti permanenti (+3,2%) che tra gli autonomi (+2,1%), mentre si è ridotta tra i lavoratori a termine (-9,6%).
Buoni segnali anche per l’occupazione femminile. Tra le donne, a novembre 2024, cresce sia pure di poco il tasso di occupazione (+0,1 punti) e diminuisce quello di disoccupazione (-0,2 punti), mentre il tasso di inattività rimane stabile. Per gli uomini, invece, il tasso di occupazione cala (-0,2 punti), il tasso di inattività aumenta (+0,1 punti) e quello di disoccupazione resta invariato. Su base annua, sia uomini che donne registrano un aumento del tasso di occupazione (+0,3 punti per gli uomini e +0,7 per le donne), una diminuzione della disoccupazione (-1,2 punti per gli uomini e -2,5 per le donne) e una crescita del tasso di inattività (+0,7 punti per gli uomini e +0,8 per le donne).
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Resta, anche al Sud, il tema della carenza di personale disponibile per le imprese. A novembre scorso erano circa 205mila le ricerche di personale per cui le aziende dichiaravano difficoltà di reperimento, pari al 47,9% del totale delle assunzioni in programma. Le maggiori criticità, spiega Unioncamere, erano segnalate per i profili delle aree aziendali relative a “Installazione riparazione” (il 66,8% di difficile reperimento), “Progettazione e Ricerca & Sviluppo” (57,7%), “Produzione di beni ed erogazione del servizio” (52,5%) e “Direzione generale, personale e organizzazione risorse umane (51,2%). Con l’allarme denatalità in piena espansione non sono dati trascurabili.