Antonio Esposito è un ingegnere elettronico napoletano di 31 anni, originario di Cercola: nel 2017, dopo la laurea alla Federico II di Napoli con un lavoro di tesi magistrale svolto in Svizzera, continua a lavorare con il Cern di Ginevra in alcuni studi pionieristici sulla superconduttività e le misure per acceleratori di particelle. Ha deciso di tornare a Napoli considerando la città il luogo ideale per allargare il raggio dei suoi studi e dal 2018 in particolare ha iniziato ad occuparsi di interfacce uomo macchina nella riabilitazione post ictus e nelle malattie degenerative. Nelle settimane scorse Esposito ha ricevuto il prestigioso premio Offelli per la migliore tesi di dottorato italiana in Misure elettroniche (Wearable BCIs for daily-life applications).
Da amici, docenti e colleghi è considerato geniale, generoso e concreto. Quando ha discusso la tesi di dottorato premiata?
«Nel 2022 dopo un percorso dottorale al Politecnico di Torino durante il quale non ho mai perso i contatti con la Federico II di Napoli».
Su cosa lavora a Napoli?
«Sono ricercatore presso il Dipartimento di Ingegneria Elettrica e delle Tecnologie dell'Informazione e dal 2023 sono tornato a lavorare sulle misure elettriche nell'ambito della superconduttività e sulle interfacce uomo macchina».
Resterà a Napoli?
«Sono legato alla mia città e mi impegno anche nel sociale attraverso la mia parrocchia. Ritengo che Napoli sia una capitale della scienza che offre le maggiori potenzialità e anche stimoli per lo sviluppo della ricerca. Nonostante le apparenti difficoltà ritengo che qui i ricercatori siano davvero geniali e più interconnessi, per ragioni sociali e culturali, di quanto non accada in altre realtà, come ad esempio Ginevra».
È sposato?
«La mia fidanzata lavora anch'essa in ambito accademico e spero continueremo entrambi con la carriera accademica».
È lunga e presuppone la resilienza alla precarietà.
«L'entusiasmo per il lavoro compensa ogni sforzo. Viviamo bene a Napoli e siamo felici di essere qui anche per migliorare la nostra città».
Cosa pensa della Napoli di oggi?
«È una delle città al mondo che dà le maggiori opportunità di miglioramento. Vedo i problemi ma anche le soluzioni. Impicciarsi degli affari degli altri, ad esempio, un tratto dei napoletani disegnato negativamente, dal mio punto di vista è un valore aggiunto. Un'attenzione al prossimo preziosa nel mondo sempre più freddo delle tecnologie avanzate e in campo scientifico facilita gli scambi e la collaborazione. La maggiore propensione alla comunicazione tra persone, se opportunamente incanalata, diventa un valore. La cooperazione vince sempre in campi così specialistici come quelli in cui lavoro. A Ginevra gli studi erano confinati in ambiti ristrettissimi con prospettive applicative limitate».
Parla delle interfacce uomo macchina?
«Sono utilissime nella riabilitazione post ictus o per valorizzare le capacità cognitive residue nei pazienti colpiti da malattie neurodegenerative».
Come si fa?
«Un paziente colpito da Ictus conserva l'ideazione del movimento perso. Misurando l'attività cerebrale collegata all'ideazione delle parole e del movimento si può trasferire il pensiero del pazoente in un avatar. Con alcuni elettrodi misuriamo l'attività cerebrale e algoritmi di intelligenza artificiale in tempo reale traducono l'intenzione motoria facendo muovere l'avatar in un gioco. Immaginare correttamente e stimolare queste aree consente di addestrare il cervello in un sistema di feed-back corretto che stimola il recupero delle funzioni sensitive e motorie danneggiate agendo sulla plasticità del cervello».
Ha sempre avuto la passione per la scienza?
«Da adolescente amavo la fantascienza, che anticipa la scienza: ero appassionato dei personaggi della Marvel. In particolare Iron Man».
Quali le prossime sfide?
«Attualmente sono responsabile della ricerca Iris per il polo Napoli-Cirmis, ma cerco di contribuire ancora alla linea brain-computer interface attive sulle interfacce neurali su cui investe il gruppo con vari dottorandi e tesisti. Per Iris sto lavorando ad un pezzo di un progetto nazionale finanziato con 60 milioni di euro per infrastrutture Iris di ricerca sulla superconduttività applicata. Facciamo misure su materiali e dispositivi superconduttori innovativi che cambierebbero lo scenario nella distribuzione dell'energia elettrica. In campo biomedico questo vorrebbe dire anche contribuire all'adronterapia per la cura dei tumori, una particolare radioterapia ultraprecisa che spara protoni anziché raggi X in tumori sorti in sedi inoperabili».