Appalti Rfi, la vita d'oro dei dirigenti:
le vacanze le paga il boss Schiavone

Appalti Rfi, la vita d'oro dei dirigenti: le vacanze le paga il boss Schiavone
di Leandro Del Gaudio
Martedì 16 Aprile 2019, 07:00 - Ultimo agg. 17:25
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Non potevano sapere che lì, nella hall di uno dei più lussuosi alberghi della Costiera, non erano soli. Erano in buona compagnia, tra carabinieri in borghese, mimetizzati nel bel mondo di Positano. Hotel San Pietro, nella perla della costiera amalfitana, massima discrezione, volti distesi e rilassati. Ci sono loro, parliamo di due dei soggetti finiti al centro dell'inchiesta sui vertici della Rete ferroviaria italiana: Massimo Iorani, dirigente romano dell'area tecnico-commerciale; e Nicola Schiavone, classe 1954, a sua volta ritenuto espressione imprenditoriale ed affaristica della potente camorra dei casalesi. Otto settembre scorso, reception. Strette di mano, sorrisi. E Schiavone che salda il conto del soggiorno di Iorani (pagamento rigorosamente in contanti), leggendo la distinta delle spese, con tanto di gita in barca. Tutto viene registrato, fotografato e intercettato, grazie al lavoro di appostamento dei carabinieri del comando provinciale di Caserta, in un'inchiesta condotta dalla Dda di Napoli. Al lavoro i pm Antonello Ardituro e Graziella Arlomede, sotto il coordinamento dell'aggiunto Luigi Frunzio, ieri mattina ancora blitz e acquisizioni di documenti: i carabinieri sono tornati negli uffici romani di piazza Croce rossa, mentre un decreto di perquisizione è stato notificato nei confronti di un altro dirigente della Rfi, vale a dire Pierfrancesco Bellotti, manager del reparto di tecnologia, sempre in relazione ad alcuni contatti con Schiavone.
 
Un'inchiesta che punta a verificare la trasparenza dei rapporti tra Nicola Schiavone (classe 1954) e i dirigenti della Rfi, anche sulla scorta di regali e «attenzioni» ritenute sospette. Ma prima di entrare nel merito dei rapporti, conviene soffermarsi su cosa ha raccontato in questi giorni Giuseppina Nappa, vale a dire la moglie di Francesco «Sandokan» Schiavone, ma anche madre di Nicola Schiavone jr, che da più di un anno sta collaborando con la giustizia. In sintesi, Nicola Schiavone jr va considerato come un uomo di fiducia del potente boss dei casalesi, uno che «non ha mai abbandonato la nostra famiglia». Ma quali sono i rapporti affaristici tra la famiglia Schiavone le trame imprenditoriali dell'imprenditore 65enne? La donna si affida a una metafora gastronomica: «Nicola Schiavone usa il lievito madre che molti anni fa ha preparato mio marito». Chiaro il concetto? Avrebbe messo a frutto capitali e risorse di origine camorristica, per uscire dalla metafora. Ma torniamo alla storia degli appalti nella Rete ferroviaria italiana. Diciassette indagati, spiccano i nomi di dirigenti romani, di funzionari napoletani, ma anche di soggetti in odore di camorra, come Nicolina Coppola, moglie di Walter Schiavone, fratello del boss Francesco, in uno scenario investigativo che ha un solo obiettivo: fare chiarezza su una decina di commesse della Rfi finite in imprese sospette. Decisivo - nell'ottica della Procura - il lavoro svolto da Nicola Schiavone. Un facilitatore, un semplificatore, un triangolatore. Dai suoi uffici di piazza dei Martiri e di viale Gramsci, Nicola Schiavone avrebbe esercitato pressioni per veicolare affidi diretti ad aziende amiche, ma anche per rimuovere funzionari poco graditi, all'interno del colosso di piazza Croce Rossa. Appostamenti, fotografie e intercettazioni, dunque. Siamo a settembre del 2018, quando Schiavone viene fotografato in piazza Vittoria, mentre si reca ad acquistare cravatte e foulard. Sono un regalo, secondo i carabinieri di Caserta. Un regalo che viene portato a Positano, dove l'affarista ha appuntamento con Iorani. Scrivono gli inquirenti: «Si nota, dalle immagini estrapolate dal sistema di videosorveglianza, che Schiavone estrae una busta con banconote da cinquanta euro». Poi agli atti c'è una conversazione del 12 settembre, quando ormai il dirigente ha lasciato la struttura. Schiavone chiama un dipendente del San Pietro per informarsi sulla permanenza del presunto ospite e ottiene questa risposta: «L'ingegner Iorani ha riferito che è stato benissimo e che si è rilassato tantissimo e che sarebbe andato verso Sorrento». Scatta una seconda attività investigativa, che porterà Schiavone (e gli stessi militari) nell'Hotel Bellevue Syrene, sempre a caccia di elementi in grado di spiegare il rapporto tra il dirigete e l'affarista di Casal di Principe.

Una vicenda che impone cautela: intercettazioni e pedinamenti, sequestri e testimonianze sono un mezzo di ricerca della prova e non una condanna definitiva.

Tutte le persone coinvolte, a partire dallo stesso Iorani, potranno replicare alle accuse e motivare la correttezza della propria condotta. Indagine per corruzione e turbativa d'asta, la Procura punta in alto, battendo la pista delle collusioni camorristiche. Grazie al proprio potere militare, i casalesi hanno ottenuto la gestione di appalti per la rete ferroviaria (esclusa la Tav), veicolando risorse e lavori a ditte amiche. Diversa la tesi dei difensori, tra cui gli avvocati Carlo Fabbozzo, Giovanni Esposito Fariello, Alfredo Sorge. Gli atti sono ora al Riesame, spicca anche l'acquisto da Cartier di via Condotti a Roma, un paio di gemelli Santos de Cartier, in vista di un incontro con il dirigente Paolo Grassi (non è chiaro se abbia accettato o meno il regalo). Anche in questo caso, non si tratta di una prova di colpevolezza, ma - nell'ottica dei pm - di un ulteriore riscontro del sistema Schiavone.

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