Cemento, pistole e affari:
i boss pupari dietro il sacco del Casertano

Cemento, pistole e affari: i boss pupari dietro il sacco del Casertano
di Mary Liguori
Domenica 17 Novembre 2019, 09:00 - Ultimo agg. 11:49
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Amministratori comunali che prendono voti grazie allo sponsor della criminalità organizzata e poi si ritrovano, una volta eletti, a dover pagare il conto, salato, alla camorra. Dai rifiuti ai lavori pubblici: negli ultimi dieci anni, come hanno raccontato due generazioni di cronisti da queste colonne, troppe volte nei Comuni dell'Agro aversano le decisioni le hanno prese i capiclan, veri e propri «pupari» di sindaci e imprenditori. Uno scenario a tinte fosche che si è tradotto in innumerevoli arresti, altrettante condanne, commissariamenti di Comuni per infiltrazioni della criminalità. Una realtà difficile, costellata da troppe situazioni border line, dove il caso limite è rappresentato da Orta di Atella, municipio commissariato per ben due volte nell'ultimo decennio proprio perché in Comune, secondo la Dda, operavano i clan e quei clan, attraverso i «loro» politici, hanno deciso una speculazione edilizia senza precedenti, organizzata, sostengono i pm, per arricchire le ditte edili in società con le cosche. Se Orta di Atella è il surplus dell'illegalità, non è certo un caso isolato. La lista dei comuni flagellati da indagini e sospetti è lunga. Da Trentola Ducenta a Gricignano d'Aversa dove, due giorni fa, un giornalista di Cesa, Mario De Michele, ha denunciato di essere rimasto vittima di una sparatoria. Quattro i fori di proiettile repertati sulla sua Peugeot. S'indaga a trecentosessanta gradi per ricostruire il movente.
 

Una colata di cemento che ha spazzato via due amministrazioni comunali e trasformato un paesone di provincia in una cittadina dormitorio dove cinquemila nuclei familiari vivono con l'incubo di aver acquistato case abusive. A Orta di Atella, comune alle porte di Aversa, oggi abitano 26mila persone, ma solo dieci anni fa i residenti erano a malapena 14mila. La crescita demografica è stata la diretta conseguenza di una mega speculazione edilizia che, secondo la Direzione distrettuale antimafia, ha visto in combutta il tre volte sindaco di Orta di Atella, Angelo Brancaccio, e i clan Mallardo e dei Casalesi. Una edificazione selvaggia di cui Il Mattino si è occupato per anni, realizzata in assenza del Piano urbanistico comunale, redatto solo nel 2015 da Brancaccio, rieletto dopo l'arresto e la prima scarcerazione (ora è in carcere), per mettere a posto le «carte». Quello stesso piano urbanistico che, la settimana scorsa, avrebbe indotto il Consiglio dei ministri a mandare a casa l'amministrazione retta dal sindaco Andrea Villano. «Infiltrazioni mafiose», ha decretato il Viminale, ché quel Puc, il Puc di Brancaccio, lo hanno tenuto in vita anziché cancellarlo e spazzar via, e con esso, si sono tenuti il cosiddetto «sistema Brancaccio». Punto e a capo, a Orta di Atella ora ci sono i commissari per la seconda volta in meno di dieci anni. Un caso limite in quel piccolo arcipelago di Comuni ciclicamente bollati con l'etichetta della malavita.

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Un arcipelago che ha per capitale Trentola Ducenta, il comune d'adozione imprenditoriale del boss Michele Zagaria. Dove, dal 2015 ad oggi, sono già due i sindaci arrestati. Il primo, Michele Griffo, è sotto processo per aver reso il Municipio un'appendice del «ministero delle infrastrutture» della cupola dei Casalesi; il secondo, Andrea Sagliocco, è finito ai domiciliari nel giugno scorso insieme a 15 persone, tra amministratori, tecnici comunali e imprenditori, per una storia di appalti e soldi. Nel caso Sagliocco la camorra non c'entra, ma è il leitmotiv delle inchieste sul suo predecessore e di diversi altri ex sindaci del comprensorio. Quelli dell'Agro sono i Comuni delle cinquanta sfumature di grigio. Tinta ibrida nella quale è difficile separare i colori primi. Tonalità fumosa che avvolge indistintamente professionisti, politici, imprenditori e, sistematicamente, li travolge a suon di avvisi di garanzia, arresti, condanne. Parliamo di Orta di Atella e Trentola Ducenta, ma c'è anche Gricignano d'Aversa, con lo scandalo della Gmc, multiservizi a capitale pubblico per il cui utilizzo illecito è finito sotto processo l'ex primo cittadino Andrea Lettieri. E poi c'è Villa Literno dove un sindaco, Enrico Fabozzi, fu prima messo sotto scorta per aver ricevuto una testa di maiale a casa e poi fu condannato a dieci anni per concorso esterno col clan. Il grigio è dunque il colore imperante ed è stato grazie a una coltre di grigio che si son potute edificare abusivamente 5mila unità abitative a Orta di Atella dove, scrivono i pm della Dda, gli investimenti hanno arricchito le ditte dei Mallardo e quelle dei Casalesi. È questa la matrice della lottizzazione abusiva che ha già decapitato due amministrazioni atellane. A pochi chilometri c'è Trentola Ducenta, la «colonia» dell'irriducibile capoclan Zagaria, dove si è espressa al massimo la vena imprenditoriale del boss, con il centro commerciale Jambo, uno dei primi megastore della Campania, dal 2015 sotto gestione commissariale perché ritenuto la sua «creatura economica». Realizzato, ampliato e autorizzato grazie ai favori che il capo dei capi ottenne dal sindaco Griffo e dal suo consiglio comunale. Realtà complicate che i corrispondenti de Il Mattino raccontano, non senza difficoltà, da anni. Sono zone litigiose, quelle dell'Agro aversano. Un'indole che negli ultimi anni si è amplificata attraverso i social network dove politici, blogger, imprenditori, faccendieri si scannano senza esclusione di colpi e ciascuno s'erge a conoscitore di verità assolute. Luoghi in cui la macchina del fango, e quella che crea «profeti», si attivano a ogni elezione, commissariamento, retata per poi spegnersi o, riprendere vigore, nei procedimenti giudiziari.
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