Campania, in sei in un'unica cella:
risarcito ex detenuto

Campania, in sei in un'unica cella: risarcito ex detenuto
di Domenico Zampelli
Mercoledì 28 Aprile 2021, 09:20 - Ultimo agg. 29 Aprile, 08:34
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CASERTA Poco spazio in cella, confermato dalla Cassazione il risarcimento del danno per un ex recluso nel carcere di Santa Maria Capua Vetere. Per poco più di un anno - fra il 2010 ed il 2011 - l'uomo era rimasto con altri cinque detenuti nei reparti Tevere e Volturno della Casa circondariale Francesco Uccella, sempre in celle predisposte e omologate per una capienza massima di quattro persone, senza quindi potere usufruire dello spazio minimo individuale di tre metri quadri così come indicato dalla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo.


Lo stesso era avvenuto durante una breve permanenza del detenuto nel reparto Infermeria dello stesso istituto di pena. Finita di espiare la pena in regime di detenzione domiciliare, G.B. (queste le iniziali del protagonista di questa storia) nel 2016 si era rivolto al Tribunale di Isernia che, accogliendo la domanda, aveva condannato nel 2018 il ministero della Giustizia al pagamento di un risarcimento danni quantificato in 2.944,00 euro.

Provvedimento impugnato dal ministero dinanzi alla Cassazione, sul presupposto della decadenza dell'azione risarcitoria: la norma prevede che l'azione debba essere esercitata entro i sei mesi dalla cessazione dello stato di detenzione. Motivo però respinto dalla terza sezione civile della Corte Suprema, che, ritenute di particolare importanza le questioni in diritto prospettate con i motivi di ricorso, ha disposto la trattazione alla pubblica udienza.


VIOLATI DIRITTI FONDAMENTALI
Accertato quindi che nella vicenda sussiste la violazione dell'articolo 3 della Convenzione europea per la Salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, nonché dell'articolo 27 della nostra Carta Costituzionale, il collegio giudicante della suprema corte (presidente Roberta Vivaldi, relatore Stefano Olivieri) ha sancito un principio destinato a rappresentare un importante precedente in materia. Secondo gli ermellini, infatti, debbono ritenersi equivalenti le espressioni che si riferiscono da un lato alla cessazione dello stato di detenzione e dall'altro alla cessazione della espiazione della pena detentiva, in quanto entrambe coincidenti con il fine pena, ossia con l'esaurimento della esecuzione della pena detentiva, indipendentemente dalle modalità di esecuzione della stessa.


Una differenza nella terminologia che rileva non per imporre una decadenza dall'esercizio dell'azione risarcitoria, ma piuttosto per individuare il giudice competente - nel primo caso il magistrato di sorveglianza, nell'altro il tribunale ordinario al quale spetterà valutare e stabilire se nel caso concreto può essere applicato uno sconto sulla pena eventualmente residua oppure disporre un ristoro pecuniario quando la pena sia stata completamente espiata. Venendo quindi al caso specifico, il richiedente aveva finito di espiare la pena agli arresti domiciliari il 20 ottobre 2015, mentre il ricorso è stato presentato il 19 aprile 2016, quindi entro i sei mesi dal termine dell'esecuzione della pena detentiva, che deve essere così qualificata anche in relazione al periodo di detenzione domiciliare. Non c'è stata quindi decadenza, ed è stato pertanto confermato il risarcimento danni a carico di via Arenula in favore dell'ex detenuto perché sono stati violati i suoi diritti.

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