II computer, i telefonini, gli hard disk sequestrati a Mario De Michele gli vanno restituiti, senza possibilità di appello. Ché, se è vero che allo stato attuale è sospeso dall’Ordine dei giornalisti per effetto dell’indagine che lo vuole «autore» degli attentati ai suoi stessi danni, è anche vero che all’epoca del sequestro era ancora un giornalista in attività e il materiale contenuto nei supporti informatici non poteva considerarsi utile solo alla ricostruzione dei fatti per i quali è indagato, ma anche informazioni inerenti la professione svolta e, in quanto tali, da tutelare sotto il profilo della segretezza.
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È il ragionamento dell’avvocato Mario Griffo, difensore di De Michele, che se in un primo momento non aveva trovato riscontro presso il tribunale del Riesame di Napoli, ieri ha incontrato il favore della Suprema corte. La Cassazione ha infatti annullato senza rinvio il sequestro del materiale informatico trovato in casa di De Michele, a Cesa, il giorno in cui ci fu la discovery dell’indagine sul suo conto.
Non bastò a consentirgli di conservare la scorta che gli fu revocata con la stessa velocità con la quale gli era stata assegnata. Poi arrivò la sospensione per 12 mesi disposta dal consiglio di disciplina dell’Ordine dei giornalisti che lo ritenne responsabile di «comportamenti lesivi per la categoria».
Quanto alle indagini sugli attentati ritenuti «farlocchi» dalla Procura di Napoli Nord, non sono ancora concluse. L’inchiesta verte sull’esito degli esami balistici, che hanno smentito la versione di De Michele in merito al secondo attentato, su alcuni interrogatori e sull’esame dei supporti informatici rimasti sotto sequestro, prima della decisione della Cassazione di ieri, per sette mesi.