Caserta, paralisi per i bus Ctp:
su 126 ne partono solo 30

Caserta, paralisi per i bus Ctp: su 126 ne partono solo 30
di Giuseppe Miretto
Venerdì 17 Settembre 2021, 09:13 - Ultimo agg. 20:06
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Un disastro perfetto. Ben oltre le più catastrofiche previsioni: riapre l'anno scolastico e scompaiono pure i «servizi minimi essenziali di trasporto locale», quelli che dovrebbero evitare il sovraffollamento e un numero di mezzi adeguato nel «rispetto del coefficiente massimo di riempimento non superiore all' 80%». Altro che contrasto e misure anticovid.

La situazione drammatica attanaglia al Ctp, società in concordato preventivo e che lotta contro il fallimento, mette in ginocchio l'Area metropolitana di Napoli e lascia a piedi i comuni dell'Agro Aversano: dal deposito di zona di Teverola, su una flotta di 126 autobus ne partono circa 30.

In pratica, servizio inesistente ad Aversa, Teverola, Casaluce, San Marcellino, Trentola, Ducenta, Lusciano, Parete, Cesa, Villa di Briano, Villa Literno, Casapesenna, San Cipriano d'Aversa, Casal di Principe, Frignano, Succivo, Gricignano di Aversa, Orta di Atella, Castelvolturno, Mondragone.

Disagiata e quasi certamente appiedata un'utenza di quasi 300 mila abitanti a cui va sommate quella alle prese con le corse da e per Caserta. Ormai i segretari provinciali del comparto trasporto (Filt-Cgil, Fit-Cisl e Uilt-Uil) rispettivamente Angelo Lustro, Pasquale Federico e Vincenzo Sperlongano fotografano «allarmati un disastro assoluto per la Mobilità degli studenti e dei cittadini dei comuni interessati dove il servizio è completamente inesistente». La vicenda, già tormentata per la gestione finanziaria dell'azienda, esce dall'ambito ristretto del conflitto sindacale. C'è la chiamata alla mobilitazione. «E' tempo dice a chiare lettere Angelo Lustro (Cgil)- che i tutti i sindaci dell'Agro Aversano alzino la voce. Urge un intervento perentorio a tutela dei diritti e della dignità dei loro concittadini affinché possano tornare ad usufruire di un normale servizio di mobilità, ormai inesistente da diverso tempo». 

L'interruzione irrituale delle ordinarie relazioni sindacali è stata posta addirittura all'attenzione dell' «Osservatorio Conflitti Sindacali presso Ministero delle Infrastrutture e Trasporti». Non sono state ripristinate, nonostante mesi di tavoli tecnici, le normali condizioni di produzione della Ctp: mancano mezzi e molti non hanno ricevuto la manutenzione promessa. Così, il già difficile dialogo sindacale è diventato difficile ad agosto quando non sono state onorate le retribuzioni nemmeno con un provvedimento sostitutivo della Città Metropolitana di Napoli. Si è interrotto quando, nonostante una formale convocazione delle organizzazioni sindacali per martedì 14 scorso, la Città Metropolitana ha deciso di non ricevere la delegazione sindacale ritenuta artefice delle proteste e dell'interruzione del servizio. Dalla scontro si è arrivati alla paralisi. Lo comunicano alle autorità territoriali, ai prefetti e al ministrato, le segreterie regionali della Filt-Cgil, Uiltrasporti e UglFna: «Il Servizio risulta completamente fermo presso gli impianti di Pozzuoli e Teverola, mentre ad Arzano (deposito dotato di mezzi nuovi, è stato riattivato con percentuali bassissime». 

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E non c'è una via d'uscita perché l'azienda, versando in condizioni di dissesto non ha le risorse per garantire la manutenzione». Si scivola verso un fallimento e un collasso di tutti i servizi. I bus non potranno tornare in strada perché, oltre alla manutenzione, c'è carenza dei dispositivi di sicurezza. «Non ci sono le condizioni certificano le segreterie regional - per un ritorno immediato o a breve in esercizio». Tant'è che la Ctp ha predisposto, dal 10 al 14 settembre, congedi di ufficio per tutti i lavoratori ad eccezione degli addetti alla sorveglianza dei beni aziendali. «Siamo al disarmo puntualizza Angelo Lustro, segretario provinciale Filt-Cgil - perché una crisi, che si trascina dal marzo e aprile del 2020, non ha avuto nessuno sbocco se non quello di azzerare l'attività. La strategia che puntava a spostare gli oneri del risanamento sui dipendenti è diventata una scelta di fatto di scaricare tutti i costi, finanziari e sociali anche sull'utenza proprio quando in Italia di dibatte del potenziamento del trasporto locale». 

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