Il passato del soldato dell'Isis:
«Giocava alle slot machine al bar»

Il passato del soldato dell'Isis: «Giocava alle slot machine al bar»
di Marilù Musto
Domenica 3 Marzo 2019, 14:00 - Ultimo agg. 17:21
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«Appariva sempre come in uno stato di intontimento, di paura. Giocava quei pochi soldi che aveva alle slot machine. Non faceva gruppo con gli altri, qui ci sono una marea di albanesi e algerini che bevono birra e si ubriacano anche. Lui era silenzioso, diverso». A Cancello Scalo c'è un bar. Sul tavolino, il titolare indica la foto di Mouran Sadaoui pubblicata dal giornale che viene comprato per i clienti. «Sì, lo vedevo da queste parti, ma veniva in orari strani, non si capiva cosa facesse in giro», racconta il barista. Mouran Sadaoui, algerino di 45 anni, è accusato di essere un terrorista islamico. Sul suo capo pende una condanna per aver combattuto per lo Stato islamico in Siria nel 2014. In quell'anonimo bar di Cancello Scalo, la polizia lo aveva pedinato e osservato per mesi, prima di catturarlo venerdì scorso.

Cinque anni fa, l'algerino sparì da San Marcellino per recarsi, probabilmente, in Siria, prima ancora che comparisse il primo video dell'Isis, nell'agosto del 2014, della decapitazione di James Foley, il fotoreporter statunitense ucciso ad al-Raqqa. Filmato diventato ben presto il macabro «manifesto» dell'Isis. Fra i combattenti, c'era lui: Mouran Sadaoui, in Italia dal 2003 residente fra San Marcellino e Frignano e poi rientrato in Algeria nel 2013. Lì, nel suo Paese, sarebbe avvenuta la radicalizzazione, per poi affrontare la Siria. «Lui un terrorista? E chi se lo aspettava! Parlava perfettamente l'italiano, ci raccontava della sua famiglia in Algeria», spiegano due albanesi seduti al bar in piazza a San Felice a Cancello. A Cancello Scalo, invece, ci sono i suoi connazionali che dicono di non conoscerlo. Scuotono la testa, si chiudono in casa alla prima domanda su Mouran. «Niente, niente», ripetono come un mantra. Ora, la Digos è sulle tracce del proprietario del casolare che ospitava Mouran. Si dovrà accertare se fosse a conoscenza dell'occupazione perché potrebbe rispondere di favoreggiamento all'immigrazione clandestina.
 
Intanto, l'algerino rientrato in Italia solo nel 2017, è in carcere a Santa Maria Capua Vetere in attesa che l'ottava sezione della corte di Appello di Napoli riconosca, domani, la sentenza emessa dal tribunale di Constantine che già nel 2016 aveva firmato un mandato di cattura internazionale per partecipazione a un'organizzazione terroristica. Il suo rientro in Italia è attestato nel 2017, ma non si sa bene se abbia affrontato un viaggio sui barconi di fortuna giunti in Sicilia. Ciò che è certo è che nell'agosto del 2018 la Digos della questura di Caserta, con a capo Vincenzo Vitale, ottiene una confidenza da un informatore che apre uno spiraglio: uno dei 200 foreign fighters ricercati in tutto il mondo si è fermato a Cancello Scalo, in un casolare sulla linea di confine con Acerra. Sarà poi uno degli agenti speciali della Digos a seguirlo notte e giorno, da novembre in poi, messo sulle tracce di Mouran Sadaoui come se fosse un'ombra.

Si scoprirà, poi, che da Napoli raggiunge la stazione ferroviaria di Cancello Scalo - a volte anche in bus - per poi rifugiarsi nel casolare a dormire. Non lavorava più, Maouran, viveva di elemosina. Tutto questo, dopo aver lavorato per una ditta edile vicino al clan dei Casalesi dal 2003 fino al 2010, prima della sua partenza. La guerra in Siria deve averlo cambiato. E molto. Il senso di questo cambiamento lo ha nascosto così bene, tanto bene, che alla fine neanche c'era più.
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