Cure sospese al Cefim: a rischio 250 pazienti, la furia delle mamme

Uffici chiusi e niente terapie riabilitative, i genitori chiamano la polizia

Cure sospese al Cefim: a rischio 250 pazienti, la furia delle mamme
di Roberto Della Rocca
Mercoledì 30 Agosto 2023, 08:24 - Ultimo agg. 31 Agosto, 08:35
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Una vera e propria Odissea quella che rischiano i 250 pazienti che quotidianamente trovavano assistenza sanitaria riabilitativa presso il centro Cefim di via Ferrarecce che da lunedì, contrariamente a quanto previsto prima delle ferie estive, è rimasto chiuso ai pazienti. Al loro arrivo lunedì mattina ad accoglierli c'era, affisso sulla porta di ingresso, solo la prima pagina della deliberazione con cui il direttore generale Amedeo Blasotti ha sospeso le attività del centro.

Ad essere sospese, in teoria, sono soltanto le terapie convenzionate, cioè quelle riconosciute dall'azienda sanitaria locale e pagate dalla Regione (i pazienti che pagano di tasca propria possono essere accolti). In pratica il centro ha chiuso le proprie porte lunedì e non le ha riaperte neanche ieri. Diciotto pagine, quelle siglate da Blasotti (12 sono costituite dagli allegati) che sono state notificate ai soci del Cefim, della famiglia Santangelo.

Nessun motivo della sospensione delle attività mentre i pazienti attendevano, invano, risposte dai dipendenti che lunedì mattina erano presenti nella struttura ma chiusi all'interno. La decisione dell'Asl è stata un vero e proprio fulmine a ciel sereno. Firmato il 25 agosto, venerdì scorso, solo il giorno dopo, sabato 26, sono stati avvisati i 60 dipendenti (tra operatori sanitari e personale amministrativo) della novità.

Lunedì i primi pazienti hanno trovato le porte chiuse e nessuno, dal centro, aveva allertato della situazione. Comprensibile il caos che ha animato nelle ultime 48 ore la già trafficata via Ferrarecce. Un caos "riparato" visto che l'ingresso al Cefim è nel cortile interno dello stabile al civico 102. Il blocco delle attività riabilitative convenzionate al Cefim è diventato un problema per molte famiglie i cui figli, anche afflitti da problemi di diversabilità, hanno esigenze mediche irrinunciabili.

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 La sospensione è scattata a causa dei lavori che devono essere realizzati all'interno della struttura sanitaria. Lavori importanti legati alla sicurezza degli utenti, come la realizzazione delle scale antincendio, l'installazione delle porte taglia fuoco oltre al rifacimento dei bagni. Opere già previste ma incagliate dalla diatriba societaria apertasi al Cefim. Problemi di cui, ovviamente, le mamme che ieri pomeriggio si sono ritrovate di fronte alla porta chiusa del centro, non vogliono neanche sentire parlare.

«A noi non interessa molto per quale motivo le attività siano state sospese, a noi spiega la signora Katia interessa capire quando possiamo portare i nostri figli a svolgere le terapie di cui hanno bisogno. E se le attività non dovessero riprendere ci restituiscano almeno il contratto per consentirci di trovare un altro centro». Il contratto a cui si fa riferimento è il contratto di convenzione con cui si attesta il diritto alle cure riconosciuto dall'Asl che ne coprirà le spese con i soldi della Regione. Per poter cambiare centro, infatti, gli utenti devono esibire il contratto al nuovo centro. Ma le porte chiuse al Cefim non aiutano a stemperare gli animi. Le mamme che ieri si sono presentate in via Ferrarecce, non sapendo cosa fare, hanno chiamato la Polizia, subito intervenuta.

Agli agenti è toccato spiegare la situazione, è cioè che il primo passo da compiere è quello di contattare l'Asl. Già pronti decine di avvocati a cui si sono rivolti gli utenti che chiedono il rispetto dei diritti del paziente, sanciti anche in sede comunitaria. «È stato spiacevole essere lasciati fuori dalla porta senza spiegazioni. Abbiamo esigenza per i nostri figli di fare presto racconta Francesca se non ci garantiscono la consegna dei contratti non possiamo presentare domande in altri centri specializzati che già sono pieni e hanno lunghe liste di attesa». Una situazione comune anche ad altre mamme che ora temono di vedere i propri figli lasciati senza le terapie necessarie e che sono pronte a continuare la battaglia.
 

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